La banda larga è un miraggio: l’Italia viaggia a un giga di ritardo

Miliardi stanziati, pochi risultati: il Pnrr sulla digitalizzazione tra ritardi, inefficienze e dati opachi che ostacolano la trasparenza.

La banda larga è un miraggio: l’Italia viaggia a un giga di ritardo

L’Italia ha sempre vissuto un rapporto complicato con l’innovazione tecnologica. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (Pnrr) doveva essere l’occasione per colmare il divario, digitalizzando la pubblica amministrazione e dotando il Paese di infrastrutture digitali all’altezza. Il report di Assonime, un documento pubblicato dall’Associazione fra le Società Italiane per Azioni in collaborazione con Openpolis, monitora lo stato di avanzamento delle misure e offre un quadro in chiaroscuro: obiettivi dichiarati, fondi allocati e risultati spesso sfuggenti.

Il miraggio del cloud e la PA che arranca

Il Pnrr destina 1,9 miliardi di euro alla digitalizzazione della pubblica amministrazione. L’idea è quella di spostare l’infrastruttura IT su cloud per garantire maggiore sicurezza e interoperabilità. Il Polo Strategico Nazionale (Psn) è il perno dell’intero piano, ma i numeri svelano le difficoltà: entro il 2023 nessuna delle 100 amministrazioni previste aveva completato la migrazione. Il target è stato ridimensionato, fissando come obiettivo il trasferimento di un solo servizio per ente invece della migrazione completa.

Il ritardo nella rendicontazione su ReGiS rende il quadro ancora più nebuloso: le fasi di progetto risultano formalmente rispettate, ma la spesa effettiva è minima. Dei 353 milioni di euro allocati, solo 4 milioni risultano spesi. Una contraddizione che si spiega con la lentezza burocratica e l’assenza di coordinamento tra le istituzioni. Questo rallentamento incide direttamente sulla capacità della PA di modernizzarsi e migliorare l’efficienza dei propri servizi, lasciando i cittadini e le imprese alle prese con sistemi obsoleti e macchinosi.

Pdnd: interoperabilità sulla carta

La Piattaforma Digitale Nazionale Dati (Pdnd), con un investimento di 556 milioni di euro, dovrebbe garantire la piena interoperabilità delle banche dati pubbliche. I numeri diffusi dal governo parlano di oltre 7.000 API attivate, un dato che supera di gran lunga gli obiettivi prefissati. Ma quantità non significa qualità: non esistono metriche per valutare l’effettiva utilità di queste API, né il loro impatto sui servizi digitali.

A febbraio 2025, 7.794 enti risultano aderenti alla Pdnd, ma i servizi digitali realmente offerti rimangono pochi e frammentati. Il caso del Fascicolo Virtuale dell’Operatore Economico (Fvoe) è emblematico: dovrebbe semplificare la verifica dei requisiti negli appalti pubblici, ma senza interoperabilità tra le banche dati di Ministero della Giustizia, Agenzia delle Entrate e Inps, resta un guscio vuoto. Il rischio è quello di creare un’infrastruttura mastodontica sulla carta, ma priva di reale utilità operativa, con costi elevati e risultati marginali.

Banda ultra-larga e 5G: infrastrutture ferme al palo

Il capitolo più critico riguarda la connettività. Dei 5,3 miliardi di euro destinati alla banda ultra-larga e al 5G, una parte significativa è stata rimodulata. Il Piano Italia a 1 giga, inizialmente pensato per coprire 6,9 milioni di numeri civici, è stato ridimensionato a 3,4 milioni. Una revisione necessaria, dopo che la mappatura condotta da Infratel si è rivelata clamorosamente errata: molti civici risultavano inesistenti, già connessi o privi di unità immobiliari.

Sul Piano Italia 5G, invece, le difficoltà si sommano: ritardi burocratici, procedure complesse e difficoltà economico-finanziarie degli operatori hanno rallentato la realizzazione delle infrastrutture. Per accelerare, il governo ha dovuto intervenire con un decreto-legge per semplificare ulteriormente le procedure. Tuttavia, il nodo rimane sempre lo stesso: la capacità di eseguire progetti di questa portata con efficienza e trasparenza. Finora, la realtà mostra un ritardo significativo che rischia di compromettere la possibilità di raggiungere gli obiettivi europei nei tempi stabiliti.

La trasparenza che manca

Uno dei problemi ricorrenti in tutta l’attuazione del Pnrr è la mancanza di trasparenza e la difficoltà di accesso ai dati reali. Nonostante l’istituzione di piattaforme di monitoraggio come ReGiS, molte informazioni risultano frammentarie o in ritardo, rendendo complicato valutare lo stato effettivo dei progetti. Il rischio concreto è che molte misure rimangano sulla carta, con numeri e obiettivi aggiornati più per esigenze di rendicontazione che per effettiva realizzazione.

In questo scenario, diventa fondamentale non solo accelerare l’implementazione delle misure, ma anche garantire un livello di trasparenza adeguato per valutare l’impatto reale degli investimenti. Senza una visione chiara dello stato di avanzamento, il Pnrr rischia di trasformarsi nell’ennesima occasione mancata, con miliardi di euro stanziati ma incapaci di tradursi in un reale progresso per il Paese.

La solita storia italiana

Il Pnrr sulla digitalizzazione è un microcosmo dei problemi strutturali del Paese: risorse stanziate ma non spese, obiettivi ridimensionati, dati opachi e una burocrazia che inceppa qualsiasi tentativo di modernizzazione. Senza un’accelerazione concreta, l’Italia rischia di mancare gli impegni europei, lasciando il Paese con le solite promesse tradite e un gap digitale sempre più ampio rispetto al resto dell’Unione. La digitalizzazione non può rimanere un tema di propaganda o un’esercitazione burocratica: o diventa un elemento strutturale della crescita italiana, o rimarrà solo un’altra occasione persa nel lungo elenco di riforme incompiute.