Via l’insegna del Bar Moccia. L’ultimo schiaffo della Raggi ai clan. La sindaca uscente sempre in trincea per la legalità. E al suo erede lascia una valanga di cantieri aperti

La sindaca uscente di Roma sempre in trincea per la legalità. Al suo erede Virginia Raggi lascia una valanga di cantieri aperti.

Via l’insegna del Bar Moccia. L’ultimo schiaffo della Raggi ai clan. La sindaca uscente sempre in trincea per la legalità. E al suo erede lascia una valanga di cantieri aperti

Nonostante manchino pochi giorni al ballottaggio e l’esperienza come sindaca sia sostanzialmente conclusa, Virginia Raggi non abbandona la sua battaglia per la legalità. Ieri a Tor Bella Monaca è stata rimossa l’insegna Bar Moccia dal locale che con quel nome faceva subito capire a chi appartenesse e che è considerato dagli inquirenti la “base logistica e operativa” dell’organizzazione camorristica per il traffico di stupefacenti e per il controllo del territorio a Tor Bella Monaca (leggi l’articolo). “Il locale era stato sequestrato mesi fa perché ritrovo di criminali. Dopo Casamonica ora il clan Moccia, a Roma la battaglia per la legalità deve andare avanti”, ha subito twittato la sindaca.

IL CASO. Da qualche mese al Bar Moccia era stata revocata la licenza e ieri i carabinieri hanno cambiato la serratura, rimosso l’insegna e restituito il locale all’Ater, proprietaria dell’immobile. Dopo gli sgomberi, nelle scorse settimane, degli appartamenti popolari occupati anche da membri dell’organizzazione criminale, è stato così cancellato un vero e proprio simbolo del potere dei clan a Roma. E quei locali tornano appunto alla comunità. “Ringrazio Prefettura e forze dell’ordine. Le istituzioni unite vincono”, ha sottolineato sempre la Raggi. “Via un simbolo dello spaccio e della criminalità organizzata”, le ha fatto eco il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti. “Come abbiamo fatto con le ville confiscate ai Casamonica alla Romanina, anche questi locali ospiteranno cultura e servizi. Lo decideremo con la partecipazione dei cittadini”, ha aggiunto il governatore.

La famiglia Moccia di Afragola da decenni è radicata a Tor Bella Monaca ed è considerata dagli inquirenti capofila nel traffico di droga nella zona, con interessi che vanno dal racket degli alloggi popolari ai ristoranti del centro di Roma, come emerso tra l’altro in una recente inchiesta della Direzione distrettuale antimafia. Già nel maggio 2018 inoltre un maxi blitz notturno aveva cancellato con una mano di vernice i simboli della “devozione” verso esponenti dei clan, ovvero i murales dedicati a Serafino Cordaro, ritenuto esponente di un clan e ucciso fuori dal suo bar, e quello in memoria di Antonio Moccia, morto a 20 anni in un incidente.

IL FUTURO. La sindaca, oltre alla battaglia per la legalità, lascia altre importanti eredità al suo successore. Come ha specificato ieri, nelle prossime settimane partiranno 30 nuovi cantieri in tutta la capitale. “Non stiamo parlando di semplici manutenzioni ordinarie – ha detto – ma di interventi strutturali e duraturi nel tempo su fondamentali arterie stradali e su alcuni ponti di Roma. Parliamo di interventi, nella gran parte dei casi, attesi da decenni”.

La Raggi ha quindi evidenziato che ci sono anche tanti progetti scelti direttamente dai cittadini attraverso il bilancio partecipativo: “è un altro risultato straordinario che si aggiunge agli importanti obiettivi raggiunti in questi anni, dopo aver rimesso i conti in ordine e riavviato la programmazione dei cantieri. Sono tornate gare e appalti regolari: abbiamo investito circa 450 milioni di euro e riqualificato oltre 1.400 chilometri di strade dopo anni di immobilismo”. “A breve – ha concluso – verrà aggiudicato anche il nuovo Accordo Quadro, della durata triennale, per la manutenzione delle nostre strade per un valore di oltre 205 milioni di euro, la cifra più alta mai stanziata prima”. Termina il mandato, ma l’impegno politico della sindaca pentastellata continua.

Dall’archivio: Raggi in trincea, dal 2018 la sindaca è in guerra con i clan. Con lei al Campidoglio la musica è cambiata: prima tutti si voltavano dall’altra parte.