Batosta siciliana per i Cinque stelle. Di Maio però non si discute. La leadership è blindata e anche Fico tace. Ma all’interno cresce il desiderio di alleanze

Batosta siciliana per i Cinque stelle. Di Maio però non si discute. La leadership è blindata: pure Fico tace. Ma all’interno cresce il desiderio di alleanze

Da una parte ci sono i dati, inoppugnabili, dall’altra ci sono le aspettative che, se  infrante, creano inevitabili malumori. Perché è senz’altro vero, come vanno ripetendo a giusta ragione i parlamentari pentastellati, che il Movimento in Sicilia ha raddoppiato i voti (passando dai 368mila e rotti del 2012 agli oltre 722mila di quest’ultima tornata elettorale), ma è altrettanto vero che “se vai ripetendo per mesi che la Sicilia sarà la prima Regione a 5 stelle, è ovvio che crei attese che, nel momento in cui non le realizzi, ti portano a una sconfitta”, ragiona con La Notizia un epurato a 5 stelle. Disamina che, al di là di tutto, non fa una piega. Non è un caso che, anche dall’entourage di Luigi Di Maio, ci dicono che in privato il leader M5s abbia mostrato amarezza. Soddisfazione per i numeri, certo, ma amarezza perché l’obiettivo annunciato è stato mancato di poco. “Diverso sarebbe stato se, chessò, il Movimento si fosse fermato al 16-18% o se Giancarlo Cancelleri avesse ottenuto meno voti della lista”, ragionano al proprio interno i pentastellati. Già, Cancelleri: uno dei motivi per cui la fronda interna al Movimento non ha potuto alzare la voce: il candidato, un “dimaiano” di ferro, ha ottenuto un risultato incontestabile, ripetono nel Movimento. Al di là dell’inevitabile sconforto, insomma, Di Maio può ancora contare sui numeri, che sono dalla sua. E non è un caso che lo stesso Roberto Fico, anche se in maniera piuttosto contenuta, nelle ore successive allo spoglio, abbia condiviso diversi post inneggianti al risultato grillino.

Cambio di passo – Insomma, tanti sorrisi e basta? Certo che no. Ma Di Maio non è in discussione. Lo ripetono all’interno del Movimento e lo dicono anche coloro che spererebbero in un cambio di passo. I cosiddetti “ortodossi” per intenderci. “In teoria – dice uno di loro – il risultato avrebbe dovuto smuovere le acque, ma lì tolto Di Maio, chi può chiedere conto e ragione di certe scelte sbagliate? Nessuno”. I problemi però restano. A cominciare dal fatto che negli ultimi tempi la rete di meet up è venuta spesso meno: “Non c’è più quell’attivismo del primo periodo”, si dice a più riprese tra i fuoriusciti. Tutti presenti nel momento del selfie, tutti assenti quando c’è da fare politica sul territorio. Un problema non da poco. Specie in vista delle politiche. E non è un caso che, visto anche il risultato delle regionali, nel Movimento si cominci a ragionare di eventuali alleanze. Un sacrilegio con i partiti, ma più plausibile con liste civiche e comitati. “Siamo sempre davanti a un tabù per il Movimento – ragionano nell’ambiente – Gianroberto Casaleggio riteneva inammissibile alleanze di ogni tipo”. Questione di credo e di filosofia: quel che deve andare avanti è l’idea e il logo M5s. “Altrimenti passa l’idea delle accozzaglie stile vecchia politica: metti insieme liste di ogni tipo per prendere voti”. Come plausibilmente faranno sia a destra che a sinistra. E allora? “Vedremo cosa accadrà anche considerando il Rosatellum”. Come dire: il tabù c’è. Ma prima o poi è desitnato a cadere.

Tw: @CarmineGazzanni