Benvenuti a Fuffopoli: l’inchiesta flop di Potenza. Chiacchiere, favori e reati fumosi, ma di mazzette neppure l’ombra

Chiacchiere, favori e reati fumosi, ma di mazzette neppure l’ombra nell'inchiesta di Potenza

Sotto il petrolio niente, o quasi. Punto obbligatorio sull’inchiesta di Potenza, quella che doveva mandarci tutti appassionatamente a votare al referendum sulle trivelle e invece non è servita a niente, a parte a far dimettere Federica Guidi per via del suo compagno, faccendiere in sedicesimo. Più passano i giorni e più si è costretti ad ammettere che nelle carte (ora siamo scesi alle informative di Polizia) si vedono, in buona sostanza, industriali che trafficano con politici locali per autorizzazioni amministrative, incarichi e nomine varie. Politici che a loro volta premono su industriali e manager per avere assunzioni clientelari. E qui il reato si chiama “traffico di influenze”, un nome che è tutto un programma, quasi più fumoso del mitico “millantato credito”, altra fattispecie penale che raramente resiste a tre gradi di giudizio. Mazzette? Zero, per ora. Non un singolo bigliettone. Il reato più grave? L’associazione a delinquere, che vuol dire tutto e niente, ma serve per ottenere quelle intercettazioni telefoniche dalle quali poi qualcosa di “buono” esce sempre. Tipo lo sfogo dell’ex ministra con l’intraprendente fidanzato, Gianluca Gemelli: “Mi tratti come una sguattera del Guatemala”.

FAVORI – La corruzione, se sono dimostrati i favori, tecnicamente c’è, ma il livello è bassino: l’indagato principale è Rosaria Vicino, sindaco piddino di Corleto Perticara, ben 2.512 abitanti in provincia di Potenza, che tenta di piazzare parenti e amici in Eni e Total. Ah, c’è anche il peculato, perché la sindaca avrebbe usato la Panda dei Vigili per andare dal parrucchiere. La parte più interessante dell’inchiesta dei pm di Potenza, quella che riguarda sei dipendenti dell’Eni di Viggiano per smaltimento illecito di rifiuti, invece non se la fila nessuno. L’ultimo saggio di “Fuffopoli” riguarda Raffaele Tiscar, potente vicedirettore generale della Presidenza del Consiglio, vero uomo macchina del potere renziano. Non è indagato, ma viene tirato in ballo perché, secondo il Corriere della Sera, sarebbe stato uno dei punti di riferimento romani del “clan” di faccendieri e imprenditori che si muoveva su Potenza, i quali si sarebbero rivolti a lui per un favore, una spintarella. L’informativa della Polizia racconta che Ivan Lo Bello, vicepresidente di Confindustria, si sarebbe fatto aiutare da Tiscar per diventare presidente di Unioncamere. Nomina che in effetti l’industriale catanese ha portato a casa nel giugno dell’anno scorso. Lo Bello non ci fa una bella figura, ma sono stati commessi reati? E se sì, quali?

SALTO DI QUALITA’ – Non sembra, però, con la scusa di Tiscar, l’inchiesta è ufficialmente arrivata a Palazzo Chigi. E per gli inquirenti è una bella soddisfazione, anche se alla fine la competenza porterà via gran parte delle indagini a Roma, destinazione Piazzale Clodio. A Potenza del resto ci sono abituati, fin dai tempi del pm John Henry Woodcock, profeta delle cosiddette intercettazioni a strascico e della competenza a geometria variabile. Del resto per capire a che cosa siamo di fronte basta un piccolo racconto. La Vicino è una galoppina di Vito De Filippo, sottosegretario alla Salute, indagato per “traffico di influenze a fini elettorali” (ma già avviato all’archiviazione), al quale chiede di raccomandare il figlio ingegnere all’Eni per un’assunzione. De Filippo si dà da fare in tutti i modi, ma il Cane a sei zampe riserva a Vicino junior il seguente trattamento: selezioni standard e bocciatura finale perché “non ha il curriculum idoneo”. Il ragazzo viene poi assunto da un fornitore Eni, come notano sottilmente i pm. Ma intanto il signor sottosegretario, potente ex presidente della Basilicata, è stato respinto. Ecco, il livello del “clan” di Potenza è questo qui.