Berlino getta la maschera di Draghi

Di Monica Tagliapietra

Anche ieri è stata una giornata all’insegna degli acquisti sulle piazze finanziarie. In Europa la crisi morde, i dati economici sono sempre più allarmanti, la crescita è ferma e siamo ormai a un passo dal rischio deflazione. In Borsa però tornano a vedersi gli investitori, tutti in gara nel comprare, prima che la Banca centrale europea immetta nel sistema la liquidità promessa, favorendo nuovi rialzi dei mercati. L’attesa, in sostanza, è per le mosse che il presidente dell’Eurotower Mario Draghi annuncia da almeno due anni, limitandosi beninteso a far poi poco o nulla. Draghi si è fatto una fama che gli consente di restare credibile pur fermandosi a quella che può essere correttamente definita una politica degli annunci. Nell’estate 2011 riuscì a bloccare la tempesta finanziaria che stava travolgendo Grecia, Spagna, Portogallo e Italia. La sua Bce, anche in quei giorni drammatici fece però davvero ben poco, da una parte gettando acqua sul fuoco e dall’altra fornendo buone argomentazioni alla speculazione internazionale.

La tempesta del 2011
Nel primo caso si adottò una sorta di piano di acquisto dei titoli di Stato per quei Paesi che avevano raggiunto uno spread insostenibile. Nel secondo si prese di mira chi era più in difficoltà nel gestire il proprio debito, imponendo pubblicamente condizioni perentorie che, nel caso italiano, portarono alla caduta del governo Berlusconi. In Spagna dilagava la protesta degli indignati, in Grecia i disoccupati si bruciavano vivi in piazza mentre la Troika dettava le sue condizioni. Da noi arrivò Monti e sappiamo come è andata a finire: il nostro debito pubblico da allora è sempre aumentato, ma lo spread è sceso fino ai minimi di questi giorni. Stiamo meglio? Ma quando mai, però tutti – dai poteri forti internazionali e italiani a gran parte della stampa – non fanno che tessere le lodi della Bce e di chi la sta guidando. Contenti loro!

Più promesse che fatti
In realtà l’ombrello con cui Draghi ha difeso i mercati e l’Euro dalla grande speculazione è stata la promessa – è bastata solo quella una volta acquisita sufficiente credibilità – di utilizzare anche mezzi non convenzionali per garantire la stabilità della moneta comune e sostenere la ripresa. Tutti ci hanno creduto o hanno fatto finta di crederci, e praticamente senza far nulla si è andati avanti fino ad ora. Tra molte parole e poche azioni (come le aste Ltro per rifinanziare a lungo termine il sistema bancario) lo spauracchio ha retto facendo felici più di tutti i tedeschi che dietro le rigide regole dell’Istituto di Francoforte sono riusciti a non restituire quel debito contratto con il resto d’Europa al momento della nascita della moneta unica, quando un sistema di concambi folle consentì a Berlino di riunificare il Paese e realizzare profonde riforme economiche interne. Adesso però la situazione è cambiata e anche la Germania va incontro a un rallentamento della crescita, con il Pil interno ormai sostanzialmente piatto.

Un’esca per i mercati
Siamo dunque di fronte alla volta buona per il via libera a un’operazione di quantitative easing nello stile della Federal Reserve (la banca centrale Usa che per anni ha immesso 80 miliardi di dollari al mese acquistando titoli di Stato)? Le parole di Draghi anche al recente summit dei banchieri centrali di Jackson Hole hanno fatto capire questo e la reazione dei mercati è quella che vediamo proprio per questo motivo. Ancora una volta però le cose potrebbero andare diversamente, e cedendo all’immobilismo ordinato dai tedeschi alla fine alle parole non seguirà nulla. Su questo perlomeno è disposto a scommetetre il ministro delle Finanze tedesco, Wolfgang Schaeuble, tornato ieri in campo con toni da falco. In una intervista al quotidiano Passauer Neue Presse, il ministro ha spiegato che le dichiarazioni di Draghi sulla necessità di un allentamento delle politiche di rigore “sono state interpretate troppo in una direzione”. E ha aggiunto: “Conosco Draghi molto bene, credo sia stato frainteso”. I mercati per ora seguono quello che fa credere Draghi. Se però Schaeuble ha ragione saranno dolori. Per tutti.

Di Carola Olmi

Così il numero uno della Bce sta manipolando i mercati

Io lo conosco bene: sulla flessibilità Draghi è stato male interpretato. Le parole del ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, aprono uno squarcio sul gioco degli equivoci con cui l’Europa da sempre gestisce i mercati. Un modello che in un mondo retto da regole minime dovrebbe portare tutti i protagonisti dell’economia Ue direttamente a casa. O in galera. Qui invece si fa finta di niente. Mezza Europa affonda ma la Bce può fare poco e niente, perchè così dicono i trattati scritti quando la crisi di questi anni non poteva essere neppure immaginata. Un immobilismo che va bene alla Germania e al nord Europa, ma che ha presentato e presenterà più avanti ancora un conto pesantissimo per il resto dell’Unione. Ai tedeschi va bene così e diversamente da così non si può fare. Un giorno, quando le loro convenienze saranno cambiate, vedremo se le regole sono intoccabili davvero. Fatto sta che adesso i mercati sono da giorni in fibrillazione perchè nonostante i dati economici disastrosi si attendono un’immissione di liquidità dalla Banca centrale europea. Draghi dice da tempo, almeno un paio d’anni, che Francoforte è pronta a misure anche non convenzionali per sostenere la ripresa e bilanciare la deflazione ormai prossima in Europa.

Giusta euforia?
Di qui un’ondata di acquisti sulle piazze finanziarie e il raffreddamento dello spread dei paesi con più problemi a gestire il debito pubblico, come l’Italia. Fin qui, anche senza intervenire concretamente, la sola politica degli annunci è servita a qualcosa. L’economia reale marcia praticamente senza credito, con le banche in preda a un credit crunch che non rallenta. Poi però parla Schaeuble e scopriamo che di quegli annunci non è vero niente, che sulla flessibilità Draghi è stato male interpretato. Ora delle due l’una: o Draghi è stato davvero male interpretato (strano, perchè parla del possibile uso di misure non convenzionali da anni!) e allora avrebbe dovuto chiamare i giornalisti e rettificare quanto attribuito al suo pensiero, oppure Draghi ha detto quello che voleva dire e i tedeschi continuano a fare i padroni della Bce, a costo di disorientare i mercati e in un certo senso manipolarli.

Poteri forti
La verità è che Berlino non ha nessuna voglia di vedere aprire i cordoni della borsa alla Bce, una banca che i tedeschi vedono come una appendice della loro Bundsbank. A spiegarlo è stato lo stesso Schaeuble, prevedendo un aumento dei prezzi fino al 2% (senza specificare quando) sufficiente per impedire alla banca centrale di intervenire con operazioni a sostegno della crescita. Per la Germania, è noto, la funzione della Bce è unicamente quella di garantire la stabilità della moneta e di impedire fiammate inflazionistiche. Poco importa se agendo invece proprio sulla moneta si potrebbero determinare le condizioni per aiutare la crescita in quei Paesi che ne hanno più bisogno. Tra questi ovviamente anche l’Italia, che dopo anni di questa politica monetaria, con l’euro forte fino al 40% più del dollaro, ha perso export e capacità della propria industria manifatturiera. Di fronte a tutto questo Draghi si è mosso con grande cautela, riuscendo a strappare consensi nelle cancellerie europee e nel sistema finanziario internazionale. Un sostegno non casuale visto che il numero uno dell’istituto di Francoforte proviene dalla banca mondiale di cui è stato direttore dal 1984 al 1990, da Goldman Sachs (di cui è stato vicepresidente dal 2002 al 2005), da grandi circoli del potere come il club Bildberger e su Internet esiste una vastissima produzione di articoli – di cui però non abbiamo alcuna prova – che lo vuole inserito nella grande massoneria internazionale.