Bevilacqua: “L’occupazione della Rai è un fatto. Ma a renderla possibile è stato Renzi da leader del Pd”

Per Dolores Bevilacqua (M5S) un corteo non è la soluzione: "La riforma è possibile solo se condivisa da tutti i partiti".

Bevilacqua: “L’occupazione della Rai è un fatto. Ma a renderla possibile è stato Renzi da leader del Pd”

Sulla Rai Giuseppe Conte ha mostrato il suo volto di stampella al Governo. Conte sostiene apertamente la Rai meloniana perché i 5S hanno avuto tutto quello che volevano: questa è l’accusa che vi muove il leader di Iv Matteo Renzi ma anche diversi giornali. Dolores Bevilacqua, senatrice e membro M5S della Commissione di Vigilanza Rai, come replicate?
“È evidente che questo non sta né in cielo né in terra, basta vedere gli attacchi che ci sferrano da destra e sinistra e in mezzo c’è sempre e solo il M5S. Ci sono i dati Agcom e dell’Osservatorio di Pavia che dimostrano come il tempo dedicato a noi sia marginale rispetto a quello dedicato prima al Pd e ora alla destra di Meloni e sodali. Il punto è un altro: è che quando noi ci siamo trovati al governo non avevamo i numeri da soli per portare avanti quello che da sempre diciamo, ovvero la riforma della governance voluta da Renzi che ha legato mani e piedi la Rai e il servizio pubblico al governo di turno. Poi vorrei anche ricordare che è scoppiata la pandemia e le priorità sono diventate altre”.

Perché non parteciperete al sit-in organizzato dal Pd davanti a viale Mazzini il 7 febbraio per protestare contro l’occupazione del servizio pubblico radio-televisivo da parte della maggioranza?
“Perché non è con un sit-in che si può seriamente arrivare a un percorso di riforma serio e profondo del servizio pubblico. L’unica chance che abbiamo è far sedere tutte le forze politiche – non farne una questione solo delle opposizioni – ai tavoli istituzionali per discutere una riforma vera che liberi la Rai e il servizio pubblico dalle ingerenze del governo di turno. Per fare questo non si può pensare di arrivare con una proposta delle sole opposizioni perché dev’essere trasversale, ci vuole la convergenza di tutte le forze politiche. Ma è anche chiaro che non si può pensare di imporre oggi una riforma alla Meloni, a legislatura in corso, perché lei non sta facendo altro che quello che gli è consentito fare dalla legge Renzi. Quindi è un ragionamento che può essere portato avanti con l’ottica di dettare le regole di quella che sarà la governance a partire dalla prossima legislatura”.

Oggi in Rai vengono bandite tutte le voci critiche verso il governo come quella del direttore de La Notizia, Gaetano Pedullà. A voi sta bene?
“No. Siamo profondamente contrari e molto preoccupati. Quello che sfugge al Pd e a Renzi stesso, però, è che la Meloni non sta facendo niente di diverso da quello che è stato fatto prima dal Pd. La narrazione di una Rai che soffiava sul consenso politico a favore del Pd non è irreale. Criticare Meloni per quello che sta facendo, ovvero lo stesso che ha fatto il Pd, è curioso. Meloni si sta muovendo nel perimetro che le consente la riforma Renzi. Poi il problema della Rai è proprio questo: il pluralismo è un concetto tanto sbandierato quanto poco tutelato. Ma non ci sono a oggi strumenti che consentano di contrastare l’occupazione”.

Il Pd di oggi, a guida Elly Schlein, si dice stupito della vostra posizione.
“Il nostro è un no a una dimostrazione che si tradurrebbe in sterile polemica. Non è con un sit-in che si può mettere mano al problema della violazione del pluralismo nel servizio pubblico. Se il Pd vuole venirci dietro, così come avvenuto sul salario minimo, dovrà riconoscere che per modificare le regole del gioco bisogna che siano coinvolti tutti i giocatori. Di fronte alla proposta degli Stati generali del servizio pubblico, lanciata dal nostro presidente Conte all’inizio di questa legislatura, le forze politiche che non vorranno parteciparvi dovranno rispondere davanti agli italiani. E dire perché non vogliano sedersi attorno a un tavolo per adeguare il servizio pubblico a criteri molto stringenti e qualificanti posti anche dal regolamento sul Freedom act europeo”.

Quali dovrebbero essere i capisaldi della riforma Rai?
“La cosa principale dovrebbe essere quella di dare una vera e propria indipendenza alla Rai, anche economica perché quanto sia stato deleterio il balletto sul taglio del canone lo abbiamo visto tutti. Un vero servizio pubblico dev’essere libero di fare informazione e produrre contenuti che non hanno un ritorno economico perché non sono allettanti per quelli che sono i canoni della tv commerciale. Poi bisogna trovare il modo più vicino alla realtà italiana per svincolare le decisioni del cda dal mero consenso politico del governo di turno”.

Voi avete criticato l’amichettismo tanto di destra quanto quello di sinistra.
“La spartizione delle poltrone praticata da destra e sinistra è un dato di fatto. Noi abbiamo sempre cercato, dove avevamo la possibilità di suggerire dei nostri nomi, di puntare sulla qualità, il merito e la capacità delle persone di mettersi al servizio della comunità. Non abbiamo mai guardato all’amichettismo”.

Ma è davvero così? La Rai è diventata TeleMeloni?
“Al di là delle uscite del Pd che a ogni servizio dei tg stigmatizza quello ‘propaganda di turno’, è chiaro che basta vedere le posizioni dirigenziali. Sono tutte persone legate a doppio filo con le destre. Ricordo che ci siamo ritrovati con un ministro della Cultura che prima di approdare al dicastero stava facendo carriera in Rai”.

Lei ha presentato recentemente un’interrogazione su Maurizio Gasparri di Forza Italia. Di cosa si tratta?
“ Secondo la ricostruzione di alcuni giornali, Gasparri pare che abbia fatto pressioni sui vertici Rai per avere ospitate riparatorie, ovvero per bilanciare l’inchiesta che lo ha riguardato. Drammatico è immaginare che un membro della commissione di Vigilanza possa avere fatto questo. Attendiamo risposte”.