Brugnaro, al via l’udienza preliminare. Ma il sindaco non sarà in aula: “Io vittima di dossieraggio e della montatura dei magistrati”

Inchiesta Palude, oggi Brugnaro non sarà in aula. Ma attacca i pm, parla di dossieraggio e indica de Raho come mandante della persecuzione

Brugnaro, al via l’udienza preliminare. Ma il sindaco non sarà in aula: “Io vittima di dossieraggio e della montatura dei magistrati”

Non sarà in aula oggi il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro per l’udienza preliminare dell’inchiesta “Palude” che lo vede accusato, insieme ad altre 32 persone, tra le quali i suoi più stretti collaboratori come il Dg del Comune Morris Ceron e il suo vicecapo di gabinetto Derek Donadini, di concorso in corruzione nell’ambito dell’inchiesta “Palude”.

Ecco cos’è l’inchiesta “Palude” contro Brugnaro

Un’inchiesta che ruota attorno a un presunto tentativo di corruzione legato alla compravendita e alla riqualificazione di un’ampia area a Marghera, i “Pili”, appunto, di proprietà dello stesso sindaco. Per la Procura Brugnaro, all’epoca dei fatti prima come imprenditore e poi come sindaco, avrebbe promesso varianti urbanistiche e aumenti dell’indice di edificabilità dell’area per convincere il magnate di Singapore, Ching Chiat Kwong, ad acquistarla.

Il palazzo Papadopoli venduto con lo sconto

Ma nel fascicolo rientra anche la vendita, sempre a Kwong da parte del Comune di Venezia, del Palazzo Poerio Papadopoli. E proprio su questa compravendita la procura ha depositato il 5 dicembre scorso una nuova informativa della Guardia di Finanza, che riporta l’inchiesta aperta dalla Corte dei Conti. Per quella compravendita i giudici ipotizzano infatti un danno erariale da 3,2 milioni di euro, per quello “sconto” accordato al magnate, quando cioè il prezzo del palazzo passò da 14 a 10,8 milioni.

Per la procura, quella riduzione fu conseguente a una tangente da 73mila euro versata dall’imprenditore Claudio Vanin – allora consulente di Kwong, poi divenuto il grande accusatore di Brugnaro – alla società Stella Consulting, riconducibile all’ex assessore comunale veneziano, Renato Boraso.

La ritrattazione della teste che non convince i pm

La procura intende poi dimostrare come la ritrattazione di uno dei testimoni chiave, Angelica Bonsignori – ex compagna di Vanin nonché collaboratrice del manager Luis Lotti (braccio destro di Kwong) –  non sia credibile. Quattro anni fa, Bonsignori aveva messo a verbale che Lotti le diede l’ordine di pagare a Boraso la fattura da 73mila euro, salvo poi ritrattare tutto due mesi fa. E per spiegare il repentino cambio di versione, aveva accusato Vanin di averla plagiata e imbeccata. Tuttavia i pm Federica Battaglini e Roberto Terzo ritengono di avere le prove documentali di quanto sostenuto da Bonsignori nella prima testimonianza.

Nelle mani dei pm ci sono anche le intercettazioni che portarono all’arresto di Boraso; gli atti che dimostrano come nel blind trust che governava le società di Brugnaro – e con il quale il sindaco non avrebbe dovuto avere alcun rapporto – ci fossero persone di sua fiducia; il video dell’incontro con Kwong nel quale Brugnaro ha parlato apertamente dei Pili.

L’attacco alla procura e a Cafiero De Raho

Ma Brugnaro oggi non ci sarà, dicevamo. In effetti quanto aveva da dire lo aveva esternato due giorni fa, tra attacchi ai magistrati (“Hanno montato tutto i magistrati”) e denunce di dossieraggio politico. “Voglio parlare, quando sarà il momento”, ha detto, “Su Papadopoli non so nulla, siamo riusciti a vendere un palazzo che non veniva venduto, ero anche contento, con quei soldi abbiamo fatto la smart control room”.

Il sindaco ha ricostruito la sua vicenda, partendo dall’accesso abusivo alle banche dati dello Sdi del finanziere Striano nel 2021 (vicenda giudiziaria dove Brugnaro è parte lesa): “Tutto è nato da quel dossieraggio, hanno il marciume in casa evidentemente. Ho fatto il partito nel luglio del 2021 (Coraggio Italia, ndr), avevamo 35 tra deputati e senatori. E guarda caso c’era lui, Cafiero de Raho, che adesso è nella commissione antimafia, con i 5 Stelle naturalmente, e hanno iniziato a ispezionare tutti quanti il centrodestra. E a settembre hanno fatto le ispezioni sui movimenti bancari, hanno fatto un teorema e hanno fatto un paginone sul Domani. Se non è un meccanismo fascista questo… Sono stati lesi i miei diritti costituzionali, e di più. Dopo un po’ di paginone, è partita l’inchiesta”.

Prima il bastone contro La Fenice poi l’invito al dialogo

Ieri invece Brugnaro ha dismesso per un attimo le vesti dell’inquisito e ha rivestito quelle di sindaco per occuparsi della querelle della nomina di Beatrice Venezi al Teatro La Fenice. Se martedì aveva detto a proposito dell’esibizione di Venezi al Teatro Colon – “Avete visto le scene di Buenos Aires? Le avete viste anche voi, Venezi che dirige? Un’ovazione di persone, allora vuol dire che sa dirigere. Però loro sono uno dei primi dieci teatri del mondo, noi non lo siamo” – ieri si è mostrato dialogante. “Torniamo al dialogo, mettiamo da parte le contrapposizioni e pensiamo al futuro di questa grande istituzione culturale”, ha detto, lanciando un appello “a tutte le persone ragionevoli”.