La censura della rete non c’entra, ma il dilagare delle bufale sul web crea allarmismi pericolosi. Con un solo fine: la caccia al profitto. Pochi prodotti non conoscono crisi come le bufale del web; “fake news” che girano alla velocità di un click tra i social network creando danni di varia entità. Ci sono notizie di ogni genere: dalle false cure mediche alle false notizie politiche, ai falsi allarmi terrorismo. Ricordiamo tutti le bufale sul “miracolo” delle staminali; lo sdegno verso la pericolosa “spia” Beatrice Di Maio al soldo dei 5 Stelle; l’allarme dei terroristi dell’Isis travestiti da vucumprà sulle nostre spiagge.
La lista è infinita, e le conseguenze dirette le conosciamo: allarmismo, istigazione all’odio, orientamento fazioso dell’opinione pubblica. Ciò che genera effetti drammatici sono però le conseguenze indirette dell’abitudine alla bufala. Siamo così abituati a sentire menzogne, che spesso il confine tra notizie reali e false è molto labile, e scegliamo di credere alla versione che più ci conviene.
La politica non fugga – Marcella chiama il 113 per dare l’allarme spiegando che il suo cuoco ha visto l’albergo crollare sotto una slavina. “È una bufala di questi giorni, è crollata solo la stalla, gli avranno preso il telefono per fare uno scherzo”. Una risposta che costa vite umane perse per il ritardo dei soccorsi. Bufale che creano distacco, sospetto e incuranza della verità. Sembra la storia del pastorello che grida “al lupo! al lupo!”, fino a quando nessuno gli crede più. Ma il pastorello dava il falso allarme per noia. I blogger, o “faker”, lo fanno per soldi. I teorici del complotto dei nuovi “influencer” o “dell’ignoranza che genera ignoranza” posso dormire sereni: alla base delle bufale non c’è alcun regresso culturale bensì il prodotto più pericoloso del progresso: la ricerca spasmodica dei facili profitti. Il collegamento è elementare: per ogni click sui siti esistono margini di guadagno.
Google Adsense paga dai 3 ai 20 centesimi a click per i banner che mettiamo sui siti, Amazon offre tra il 5 e il 12% di commissione sui prodotti comprati dai nostri siti; la stessa Apple offre commissioni sulle vendite da Apple Store in evidenza su internet, e la lista dei modi per guadagnare con i click è lunghissima e si allunga ogni giorno. Cosa accomuna tutte le bufale di qualsiasi entità? Trattano sempre di argomenti stranamente collegati alla sfera emotiva, facilmente virali e con tassi di condivisione altissimi. Rabbia, indignazione, esaltazione – il connubio perfetto per generare click e profitto. Con buona pace dei sociologi, a trovare la soluzione dovranno esser politici ed economisti, che si trovano davanti a una scelta precisa tra profitto o verità.