Caivano, l’ultimo spot di Meloni: ecco i numeri e l’eredità del decreto del governo

A Caivano la premier rilancia promesse e trionfi, ma il “modello” esibito scricchiola sotto i dati e le voci del territorio.

Caivano, l’ultimo spot di Meloni: ecco i numeri e l’eredità del decreto del governo

Giorgia Meloni torna a Caivano per annunciare, ancora una volta, che lo Stato ha vinto. Che “la legalità è stata riportata” e che “siamo solo all’inizio”. E lo fa come ormai è abitudine: in un videomessaggio ben montato, in cui rivendica la pubblicazione del bando da 130 milioni di euro per la riqualificazione del Parco Verde. “Abbiamo sgomberato, ora ricostruiamo”, dice. Ma l’operazione Caivano – che la premier promette di replicare in altri quartieri d’Italia – ha un impatto ben più ambiguo di quello che le sue parole lasciano intendere. Perché sotto la superficie delle inaugurazioni e dei cantieri ci sono numeri, decisioni normative e realtà sociali che raccontano un’altra storia: quella di un intervento che, più che un modello, rischia di essere un manifesto del populismo penale.

Decreto Caivano: più carcere che riscatto

Il “Decreto Caivano” (D.L. 123/2023) è stato presentato come una risposta dura alla criminalità giovanile e alla povertà educativa. Ma le misure introdotte raccontano altro: abbassamento delle soglie per le misure cautelari, estensione del Daspo ai quattordicenni, carcere possibile anche per lo spaccio di lieve entità. Risultato? Nel 2024 gli ingressi negli istituti penali minorili sono aumentati del 16,4%, con un incremento delle presenze del 48% rispetto al 2022. Antigone parla di un sovraffollamento diffuso e di un sistema che punisce prima di comprendere.

Il nuovo reato penale per l’evasione scolastica colpisce famiglie già ai margini. La norma – reclusione fino a due anni per i genitori -trasforma la povertà in reato. I dati sulla dispersione scolastica a Caivano, quelli veri, ancora non ci sono. Si sbandierano cali in altre province campane, ma l’effetto reale del decreto resta privo di conferme numeriche.

Una riqualificazione per pochi

Anche sul versante infrastrutturale, il fiore all’occhiello dell’operazione – la riqualificazione del centro sportivo Delphinia, oggi “Parco Pino Daniele” – è tutt’altro che inclusivo. Le Fiamme Oro, che gestiscono la struttura, controllano 41 delle 44 attività offerte. Ai cittadini restano briciole. Le associazioni sportive locali sono state escluse. I costi, per molte famiglie, sono proibitivi.

Oggi arriva l’annuncio del nuovo bando: 130 milioni, interamente finanziati da privati, per rimettere a nuovo 750 alloggi popolari, strade e aree verdi. Ma l’assenza di un piano di gestione sociale condiviso con il territorio alimenta il timore che si stia costruendo una vetrina, non una comunità. E nel frattempo, secondo la Dia, i clan si riorganizzano: cambiano quartiere, ma non spariscono.

Il modello da esportazione

Meloni lo dice esplicitamente: “Replicheremo Caivano a Rozzano, Orta Nova, Rosarno, San Ferdinando”. Il modello, però, più che esportabile è esportato mediaticamente. Come in un format, si promette decoro e bellezza. Ma il rischio, già oggi evidente, è che ci si fermi alla scenografia.

La povertà educativa che il decreto dice di combattere si misura con l’80% dei bambini del Parco Verde che non arrivano alla quinta elementare. Mancano educatori, manca un sistema di welfare, mancano scuole aperte, come denuncia la preside Eugenia Carfora. Manca, soprattutto, la voglia di ascoltare davvero chi quel territorio lo vive.

L’applausometro governativo

Nel racconto della premier, il successo è già certificato. “I cittadini avranno case degne di una nazione civile”, dice. Ma chi sono questi cittadini? E dove sono nei racconti ufficiali? L’intero intervento è costruito come un palcoscenico, con un copione blindato. Eppure, sei mesi dopo i primi blitz, Vita.it scriveva: “Qui è sempre peggio”. Il Post osservava che “al Parco Verde la situazione non è cambiata molto”.

La narrazione governativa è tutta centrata sulla “presenza forte dello Stato”. Ma le piazze di spaccio chiuse sono già pronte a riaprire. E la sicurezza promessa diventa repressione vissuta.

Oggi Meloni si prende l’ennesimo merito. Ma il conto lo pagano i bambini incarcerati, i genitori criminalizzati, i giovani esclusi dagli impianti sportivi, i quartieri lasciati fuori dalla “bellezza”. Caivano è diventato il laboratorio di un potere che costruisce consenso con la ruspa e si dimentica del cemento della giustizia sociale.

Il rischio non è solo di fallire. È che, mentre si racconta il miracolo, si consolidi una nuova ingiustizia. Più ordinata, più fotografabile, ma sempre ingiustizia.