Cambiano i governi ma la linea del massimo rigore rimane. Pure Draghi prepara un Dpcm. Ma il sovversivo era Conte

Cambiano i governi ma la linea del massimo rigore rimane. Pure Draghi prepara un Dpcm. Ma il sovversivo era Conte

Cambiano i governi ma la linea del massimo rigore rimane. Del resto, il ministro competente in materia, il titolare del dicastero della Salute Roberto Speranza, è sempre lo stesso così pure la composizione del comitato tecnico-scientifico a cui spetta la valutazione dei dati relativi alla pandemia, in perfetta continuità col Conte bis. Anche se Giuseppe Conte non c’è più, c’è Mario Draghi che, come ha illustrato ieri il ministro (leggi l’articolo) nel corso delle comunicazioni in aula al Senato e alla Camera sulle ulteriori misure per fronteggiare l’emergenza Covid-19, si appresta a varare il nuovo Dpcm in vigore dal 6 marzo al 6 aprile.

Anche questa Pasqua dunque ce la siamo giocata, con buona pace di chi come Matteo Salvini auspicava un’inversione di tendenza rispetto alla linea rigorista: “è chiaro che occorre un cambio di marcia, un cambio di passo. Non dico un cambio di squadra e la composizione del Cts ma un cambio di approccio: tutela della salute sì sacrosanta ma dobbiamo riaffacciarsi alla vita, vedere la luce in fondo al tunnel”.

Ma il ministro non ci pensa proprio: “Nella battaglia a questo virus, che ci ha colpito così duramente, non dobbiamo avere esitazioni: limitare la diffusione del contagio fino a quando, con la campagna di vaccinazione, non argineremo definitivamente il Covid e le sue varianti, è il presupposto indispensabile per tornare a far crescere in modo stabile e sostenibile il nostro Paese”, ha chiarito Speranza.

E ancora: “Non ci sono le ragioni epidemiologiche per alleggerire le misure di contrasto alla pandemia”, Tradotto: al momento non ci sono all’orizzonte concessioni per cinema, teatri, palestre e piscine, sci e sport e tantomeno per le riaperture serali dei ristoranti e bar (come chiesto esplicitamente da Salvini ma anche dal presidente dell’Emilia Romagna e della conferenza delle regioni Stefano Bonaccini).

Gli esperti però chiedono “prudenza”: i membri del Cts hanno vagliato il protocollo di sicurezza studiato dalle associazioni dello spettacolo ma nonostante le proteste organizzate in tutta Italia, non sono previste riaperture a breve. “Riaperture? Se ne parlerà in un altro momento, sicuramente non ne abbiamo parlato questa sera. Dobbiamo verificare, venerdì ci sarà la nuova fotografia della situazione e poi vedremo, se ne parlerà di volta i n volta”, aveva preannunciato martedì sera il coordinatore Agostino Miozzo martedì dopo la riunione con i ministri convocata a Palazzo Chigi dal premier per fare il punto sulla situazione epidemiologica.

Non dovrebbe cambiare neppure l’impianto dei colori delle regioni, sono attese però novità per quanto riguarda i tempi: il passaggio da una zona a un’altra dovrebbe avvenire di lunedì e non di domenica, per non penalizzare le categorie che sui festivi impostano il lavoro settimanale come i ristoratori. Chi si aspettava la bacchetta magica da parte del premier ha dunque fatto male i calcoli e anche se pure ieri, ospite su Rai Uno a Oggi è un atro giorno, il leader della Lega ha continuato a dire che l’ex numero uno della Bce condivide la sua visione aperturista (“Credo che un ritorno alla vita e all’attività di categorie chiuse da troppo tempo sia un’idea condivisa con il presidente Draghi”), i fatti dicono altro.

E, in ogni caso, dopo l’informativa del ministro Speranza, i due rami del Parlamento hanno dato il via libera alla risoluzione di maggioranza firmata da M5S, Pd, FI, Iv, Europeisti-Maie, Autonomie e anche dalla stessa Lega. Al Senato i voti favorevoli sono stati 235, i contrari 23 e nessun astenuto mentre alla Camera è stata votata da 359 deputati, mentre i contrari sono stati 27 e zero astensioni.