Camici alla Lombardia dal cognato, indagato Attilio Fontana. Tra Film commission e camici-gate il Pirellone è sotto assedio

Il governatore della Lombardia Attilio Fontana è indagato dalla Procura di Milano nell’inchiesta sulla fornitura da mezzo milione di euro di camici e altro materiale medico da parte della Dama spa, società gestita da Andrea Dini, cognato del presidente, e di cui la moglie detiene il 10 per cento delle quote. Lo apprende l’Ansa in base a fonti qualificate. Il colpo di scena nelle indagini, che vede iscritti nel registro degli indagati per turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente lo stesso Dini e Filippo Bongiovanni, il dg dimissionario di Aria Spa (la Centrale acquisti regionale), è arrivato al termine di settimane di accertamenti e audizioni da parte degli investigatori. Proprio oggi sarebbe stato ascoltato Bongiovanni, figura chiave nella catena di comando che ha portato al via libera all’affidamento diretto nel pieno della pandemia.

Nell’arco di poche ore sono stati sentiti sia il dg dimissionario di Aria, Filippo Bongiovanni, nella sua veste di indagato per l’affaire camici, che l’ex presidente della fondazione Lombardia film commission, Giuseppe Farinotti, in qualità di persona informata sui fatti. Si tratta di due distinte inchieste, entrambe coordinate dal Procuratore Francesco Greco, che lambiscono le ultime giunte regionali della Lombardia a trazione leghista. Quella che preoccupa di più è senza dubbio l’indagine sulla fornitura ordinata da Aria, da mezzo milione di euro, di dispositivi di protezione individuale e altro materiale da parte della Dama, società di cui la moglie del governatore Attilio Fontana detiene una quota e di cui il cognato Andrea Dini è titolare.

DIFESA A OLTRANZA. Sentito dai pm, Bongiovanni ha negato ogni addebito fornendo, nell’arco della sua audizione fiume durata oltre 3 ore, la sua versione dei fatti. A suo dire la Regione Lombardia e la sua centrale acquisti, Aria spa, nelle fasi più difficili dell’emergenza Covid hanno operato in uno stato “quotidiano” di necessità, in un’emergenza fronteggiata dalle strutture regionali “con sforzi ed impegno”. Azioni concrete che, come spiegato dal legale Domenico Aiello, il dg ha fatto mettere a verbale fornendo dettagli concreti sugli sforzi fatti dalle strutture regionali. Una strenua difesa del proprio operato che, secondo quanto trapela, non avrebbe convinto a pieno il procuratore aggiunto Maurizio Romanelli e i pubblici ministeri Paolo Filippini, Luigi Furno e Carlo Scalas, che restano convinti che l’affidamento diretto e senza gara del 16 aprile sarebbe avvenuto in conflitto di interessi. Circostanza che troverebbe conferma nel fatto che l’ordine è stato trasformato in donazione il 20 maggio, dopo l’inchiesta di Report, e la conseguente intervista a Fontana. Proprio il ruolo del governatore, al momento non indagato, è al vaglio dei pm che sospettano sia stato parte attiva nella trasformazione del contratto. Ma c’è di più. Del presunto conflitto di interessi sarebbe stato chiesto conto a Bongiovanni che avrebbe spiegato che in quella fase di piena emergenza erano state sospese tutte le procedure di verifica sulle forniture, compresa quella sui conflitti di interesse, e che queste verifiche, tra l’altro, non sarebbero nemmeno spettate a lui.

L’IMMOBILE DI CORMANO. Conclusa l’audizione, in Procura è stato sentito l’ex presidente della Lombardia film commission, Farinotti, sull’altra vicenda che preoccupa il Pirellone, quella relativa alla compravendita a prezzo gonfiato di un’immobile a Cormano. Il manager, non indagato, è quello che ha sottoscritto il contratto per l’acquisto dell’immobile, rilevato dalla fondazione per 800 mila euro nel 2017 e che un anno prima era stato pagato 400 mila euro. Una vicenda che l’uomo, non sapendo di essere intercettato, definiva “una roba brutta” e per la quale sono indagati tre commercialisti in orbita leghista. Fatti per i quali i pm sospettano che dietro al milione di euro stanziato a favore della fondazione per l’acquisto dell’immobile si nascondesse un regalo della Regione, all’epoca dei fatti presieduta da Roberto Maroni che non risulta indagato, ai tre professionisti.