Campania, Mastella lancia la lista per le Regionali. A sostegno del simbolo dell’anti-casta Roberto Fico

Campania, la coalizione di Fico tiene insieme 5S, Pd e il sistema Mastella-De Luca: un equilibrio pragmatico tra identità e reti territoriali

Campania, Mastella lancia la lista per le Regionali. A sostegno del simbolo dell’anti-casta Roberto Fico

In Campania c’è un’immagine, più di altre, che racconta la politica territoriale di queste settimane. È la locandina di un evento a Benevento: sala teatrale, domenica mattina, presentazione dei candidati alle Regionali. Sul palco Marcella Sorrentino, il presidente della Provincia Nino Lombardi e a chiudere l’incontro il sindaco di Benevento, Clemente Mastella. Il simbolo è quello di Noi di Centro – Noi Sud, la formazione del vecchio leader democristiano che negli anni ha attraversato governi, stagioni, alleanze e rotture senza mai perdere la bussola del potere locale.

Eppure quell’immagine, oggi, sta dentro la coalizione che sostiene Roberto Fico, il candidato presidente che viene dall’ala movimentista dei Cinque Stelle, già presidente della Camera e volto di una stagione in cui il nemico da combattere erano i “professionisti della politica”, i sistemi consolidati, le reti personali e familiari di influenza. È un paradosso solo in apparenza. In realtà, dice molto di come si stanno muovendo le alleanze del centrosinistra nel passaggio regionale: larghissime, flessibili, pronte a incorporare mondi che fino a qualche anno fa sarebbero sembrati inconciliabili.

Il sistema territoriale: perché Mastella conta

In Campania, la presenza di Mastella non è un dettaglio folcloristico. È un pezzo di territorio, soprattutto nel Sannio, fatto di amministratori, associazioni, dopolavoro, circoli, parrocchie. È quella rete minuta che permette ai candidati di bussare alle porte giuste e di non perdere tempo in quelle sbagliate. Mastella porta voti. E quando qualcuno gli fa notare l’anomalia di sostenere un candidato dei Cinque Stelle, lui sorride e risponde che Fico è «una persona mite», «affidabile», persino «democristiana nel carattere». Ogni parola è calibrata per rassicurare gli osservatori: niente rotture, niente scarti, niente rivoluzioni.

Sul fondo resta Vincenzo De Luca, che non è candidato ma neppure assente. Il suo sistema di governo regionale, dalle aziende sanitarie alle partecipate, resta un’infrastruttura. Il suo è un appoggio che non si vede, ma pesa. E manda un messaggio chiaro agli amministratori: non si cambia cavallo, si cambia solo fantino.

La coalizione M5S-Pd col sistema De Luca-Mastella

La domanda, allora, è un’altra: che cosa significa questa alleanza per il Movimento 5 Stelle? Significa accettare che la vittoria, oggi, passa per l’ibridazione politica? Che la purezza dell’anticasta si è consumata nella pratica del governo? Che vincere le regioni non è come vincere in Parlamento? E’ una disciplina di trincea, fatta di fedeltà locali e geometrie di potere?

E non è solo la Campania. In Puglia, Decaro corre con dentro i Cinque Stelle e anche pezzi di Italia Viva. In Veneto, la coalizione con Manildo tiene insieme Pd, M5S, Avs, Volt e Rifondazione. La stagione è questa: coalizioni massimamente inclusive, costruite con pazienza, senza troppo badare alla memoria recente dei conflitti.

Roberto Fico prova a tenere insieme tutto: la sua immagine istituzionale rassicura, evita l’idea che ci sia una resa culturale o politica. Ma la domanda resta sul tavolo: chi governerà davvero il giorno dopo? Chi sceglierà direttori sanitari, assessorati, partecipate, fondi europei?

Per ora resta la fotografia di Benevento. Un palco, una lista, un simbolo. Un sorriso composto. E l’impressione che la politica campana, ancora una volta, ci stia dicendo che le identità contano fino a un punto. Dopo, contano le mani che si stringono. E chi le sa stringere da più tempo.