Susanna Camusso senza pudore. Sulla libertà di stampa si indigna per la censura in Oriente. Ma intanto querela in Italia

La surreale storia di Susanna Camusso, che fa la paladina della libertà di stampa nel mondo. Ma poi querela in Italia. Come ha fatto con La Notizia.

Il giorno che un ufficiale giudiziario notificò la querela della signora Susanna Camusso alla redazione di questo giornale non riuscivamo a credere ai nostri occhi. Ma come, il segretario di un sindacato che a parole fa della trasparenza e dei diritti la sua stella polare poi tentava di farci chiudere? E che ne sarebbe stato dei giornalisti e dei collaboratori? Tutti destinati a finire sulla strada. Eppure la signora Camusso con procedimento n. 48249/2013 del tribunale di Roma ha chiesto 150mila euro di risarcimento per alcuni articoli sulla poca trasparenza dei Caf e dei conti del sindacato, che come tutti sanno non sono soggetti dalla legge all’obbligo di pubblicazione del consolidato. L’inchiesta, che aveva come tema generale “Cgil super Spa”, alludendo al giro di milioni di euro (in parte di provenienza pubblica) che manovra la confederazione, è stata in molte parti confermata da decine di articoli apparsi su altri giornali e persino da qualche libro di successo. Il segretario della Fiom, Maurizio Landini, parlò esplicitamente di poca trasparenza nell’intervento (applaudito) all’ultimo congresso nazionale della Cgil a Rimini.

La Camusso però non cedette, nonostante in un successivo articolo fu rappresentato chiaramente che per un giornale che si affacciava da poco sul complicato mercato nazionale dell’informazione sborsare 150mila euro equivaleva a subire il fuoco di un plotone d’esecuzione. Colpi senza nemmeno preavviso, perché a differenza di quanto è buon uso di civiltà la Cgil neppure chiese una rettifica delle notizie a suo dire inesatte o spiegò le sue argomentazioni, ma andò direttamente dal giudice e chiedendo subito i soldi. Per grande fortuna della Notizia, il procedimento finì in mano a un giudice serio e meticoloso (non è scontato che sia così), che analizzò riga per riga gli articoli e l’8 marzo scorso con la sentenza n.5035/2016 decise per l’assoluzione del giornale, anche se ci lasciò cinquemila euro di avvocato da pagare, somma pari alla vendita di 3.300 copie del quotidiano o se preferite a due mesi di stipendio di un giornalista. Una vicenda che la sindacalista si è guardata bene dal ricordare ieri quando ha inviato una lettera alla Federazione nazionale della stampa sostenendo che (testuale) “Lo stato della libertà di stampa è sempre più messa in pericolo”.

La lettera della Camusso alla Fnsi
Nella missiva rivolta al presidente e al segretario Fnsi, Giuseppe Giulietti e Raffaele Lorusso, la Camusso ha scritto che “in Asia, come in Medio Oriente, Africa, Sud America, aumentano i regimi che impongono un controllo stringente non solo sulla diffusione delle notizie ma anche sulle opinioni di editorialisti e opinionisti più o meno indipendenti, fino alla censura, se non il blocco, dei social network”. Ma come? La stessa Camusso che vuol far chiudere un giornale in Italia fa la voce grossa su quelli in Asia, dove con la vicenda dei Marò abbiamo visto bene quanto contiamo come Italia. Un festival dell’ipocrisia insomma. “ La morsa dei regimi – continuava la sindacalista in una lettera che alla luce di quanto abbiamo appena visto sa di paradossale – colpisce duramente i giornalisti che, troppo spesso, pagano un prezzo altissimo per le loro idee e opinioni”. Parole che dette da chi ha appena rischiato di far chiudere un giornale sanno tremendamente  di fariseo.