Carabinieri Piacenza, ecco la foto dell’orrore che mostra il pusher pestato dopo il fermo

Uno scatto ritrovato nel telefonino di Giuseppe Montella, considerato il capo dei carabinieri Piacenza infedeli della Caserma Levante

Carabinieri Piacenza, ecco la foto dell’orrore che mostra il pusher pestato dopo il fermo

na foto dimostra l’orrore dei carabinieri di Piacenza e della Caserma Levante. La pubblica oggi il Corriere della Sera, mostrando un uomo a terra che sarebbe stato pestato dopo il fermo. Si
tratta di un italiano di 40 anni che ha confermato di aver subito maltrattamenti.

Carabinieri Piacenza, ecco la foto dell’orrore: il pusher pestato dopo il fermo

I carabinieri della caserma Levante di Piacenza sono stati arrestati a luglio 2020 ora sotto processo per le torture, le violenze, le estorsioni, le rapine agli spacciatori e il traffico di droga. Ma lo scatto trovato nel telefonino dell’appuntato Giuseppe Montella, considerato il capo della banda anche se lui ha negato davanti al magistrato, è quello più brutto. Perché mostra un uomo inerme picchiato per un abuso di potere.

L’immagine è stata depositata dai pm di Piacenza Matteo Centini e Antonio Colonna agli atti dell’inchiesta coordinata dal procuratore capo Grazia Pradella che ha svelato anni di orrori. Risulta scattata il 28 aprile del 2020 dal cellulare di Montella e inviata a uno degli arrestati. Non a un collega carabiniere, bensì a Daniele Giardino uno degli imputati accusati di aver trafficato droga con il carabiniere.

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Nella foto è ritratto un italiano, uno sbandato di una quarantina di anni che vive ai margini della società nella città emiliana. I carabinieri lo avevano fermato perla strada, lui aveva fatto resistenza finendo arrestato per resistenza a pubblico ufficiale. Ha confermato di aver preso botte. Proprio ieri Montella, in videocollegamento video dal carcere di Verbania dove è recluso, è comparso di fronte al Gup Fiammetta Modica. Ha chiesto il rito abbreviato che garantisce lo sconto di un terzo della pena in caso di condanna. E ha negato di aver rubato soldi e stupefacenti agli spacciatori che arrestava e confermato di aver usato parte della droga che sequestrava per ricompensare gli informatori che con le loro soffiate lo aiutavano a primeggiare negli arresti, non per venderla ai suoi complici trafficanti.

Giuseppe Montella a processo

Il suo ruolo di leader non è in discussione, ad ascoltare Antonio Spagnolo: “Tutti lo consideravano una persona da seguire, non solo io anche i superiori, anche gli altri colleghi di altri reparti…”. Perché Montella “comunque era considerato un super carabiniere, cioè un carabiniere che da solo riusciva a organizzare un arresto e portarlo a termine”. Spagnolo ha detto anche, a ottobre 2020, di sapere che i colleghi si vantavano di aver schiaffeggiato alcuni pusher e di essere stato “presente un paio di volte, ma c’erano dei superiori che dovevano intervenire per impedirlo”.

Salvatore Cappellano, altro appuntato, interrogato ad agosto ha ammesso gli schiaffi: “E’ capitato in alcune circostanze (…), ma solo in circostanze di pericolo. Non ho mai fatto sanguinare nessuno. Ammetto di aver dato alcuni schiaffi ma non ritengo assolutamente di averlo torturato. Se volessi torturare una persona saprei come fare avendo fatto attività sportiva, basterebbe uno schiaffo o un pugno, non certo 19 schiaffi”, ha spiegato agli inquirenti. Incalzato sulle modalità d’arresto di uno spacciatore, ha cercato di minimizzare le proprie responsabilità e ridimensionare l’episodio. “Sicuramente l’ho schiaffeggiato – si legge nel verbale – ma non tutti i colpi indicati nell’ordinanza. Assolutamente non ha versato nessuna lacrima e neanche una goccia di sangue. La mia intenzione non era fargli del male”, si è giustificato. E ancora: “Questi soggetti hanno sempre atteggiamenti spocchiosi. Queste persone non sanno capire la situazione in cui si trovano, sono strafottenti”.