Giorgia Meloni ha un metodo. Non si tratta di visione politica, né di strategia economica. È una tecnica di narrazione sistematica: ripetere numeri gonfiati, anche quando la smentita arriva da documenti ufficiali del suo stesso governo. L’ultimo esempio è la cifra dei fondi stanziati per contrastare il caro energia. Un copione già visto, ancora una volta smentito dai dati.
Il 27 maggio scorso, durante l’Assemblea di Confindustria a Bologna, la presidente del Consiglio ha dichiarato che il suo governo avrebbe “stanziato circa 60 miliardi di euro” per fronteggiare l’aumento dei costi dell’energia. Non era la prima volta. Lo stesso numero era stato ripetuto nei question time alla Camera e al Senato. Secondo Meloni, la cifra rappresenterebbe la portata dell’impegno economico dell’esecutivo in carica. Secondo i numeri, la cifra è falsa.
La somma che non torna
Il fact-checking di Pagella Politica, basato sui documenti ufficiali del governo e sulle relazioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze, scompone il mito. Dall’insediamento di Meloni, il 22 ottobre 2022, le risorse realmente stanziate contro il caro energia ammontano a circa 35 miliardi di euro, poco più della metà di quanto raccontato.
La ricostruzione puntuale smonta il racconto propagandistico. Il primo decreto realmente attribuibile al governo Meloni è l’Aiuti quater del novembre 2022, con uno stanziamento di poco più di 9 miliardi, molti dei quali ereditati dal governo Draghi. Segue la legge di Bilancio 2023 con altri 19-21 miliardi, secondo le stime incrociate del Dipartimento per il programma di governo e dell’Ufficio parlamentare di Bilancio.
Nel 2023 i decreti successivi (Aiuti quinquies e altri) hanno aggiunto circa 3,8 miliardi. La legge di Bilancio per il 2024 ha previsto solo misure marginali, come la proroga del contributo straordinario per il bonus sociale elettricità con appena 200 milioni. Infine, il decreto bollette del 2025 ha stanziato 3 miliardi, portando il totale a circa 35 miliardi.
Un copione che si ripete
La cifra vera è lì, nero su bianco, ma nella narrazione pubblica continua a circolare il dato gonfiato. È successo con il fantomatico record sulla crescita dei salari, smentito dall’Istat. È successo con i dati sull’occupazione, sulla lotta all’inflazione, sulla spesa sanitaria. Una sequenza che non è più una serie di scivoloni isolati: è un metodo sistemico.
L’operazione retorica è sempre la stessa: sostituire il bilancio con il racconto. Trasformare ogni conferenza stampa in un comizio, ogni dato economico in un’insegna pubblicitaria. Perfino quando la Commissione europea, nelle sue raccomandazioni, ha esplicitamente indicato come nel 2024 la spesa per il caro energia in Italia fosse “sostanzialmente nulla” data la fine delle misure emergenziali, il governo ha proseguito nella costruzione di cifre alternative.
Questa ossessione quantitativa risponde a una logica politica precisa: blindare il consenso raccontando un’Italia che esiste solo nei comunicati ufficiali. I fondi “gonfiati” per il caro energia non sono che l’ennesima tessera di un mosaico più ampio, in cui l’aderenza ai dati ufficiali è sacrificata sull’altare della narrazione.
Nel frattempo, le famiglie e le imprese che hanno dovuto affrontare i rincari energetici sanno esattamente quanto abbiano ricevuto in aiuti. E non servono i numeri gonfiati di Palazzo Chigi per misurare la distanza tra la realtà e la propaganda.