Regeni, l’Egitto non fa luce: spariti telefono e passaporto. Orecchie mozzate, tagli sul corpo anche sotto i piedi, numerose ossa rotte. Così lo hanno massacrato

I rapporti diplomatici tra Italia ed Egitto diventano ogni ora che passa sempre più tesi. Sulla morte del giovane Giulio Regeni emergono particolari sempre più agghiaccianti. E due visioni totalmente opposte su come siano andati davvero le cose. Perché se gli elementi nelle mani dell’intelligence italiana fanno emergere il probabile passaggio del giovane ricercatore anche nelle mani della giustizia egiziana, continuanno ad arrivare smentite da parte del Cairo.

QUALCOSA NON TORNA – Recuperato dalla famiglia della vittima in Egitto il computer portatile di Giulio Regeni è ora nelle mani degli inquirenti che indagano sulla sua morte. Non sono stati, invece, ritrovati né il cellulare né il passaporto del ragazzo. Da quanto si apprende alla famiglia del ricercatore non risulta che Giulio avesse un tablet o altro supporto informatico ad eccezione del cellulare, che il ragazzo usava portare sempre con se.

VIOLENZE ACCERTATE – Una fine brutale quella riservata a Regeni. Entrambe le orecchie mozzate, decine di piccoli tagli sul corpo, fin sotto la pianta dei piedi, provocati da uno strumento che potrebbe essere simile ad un punteruolo, numerose ossa rotte, le unghie di un dito della mano e di uno del piede strappate. Una vergogna umanitaria sulla quale l’Italia pretende chiarezza dall’Egitto che continua a oscurare una vicenda che grida vendetta. Perché oltre a negare che il ricercatore possa essere passato nelle mani della sicurezza egiziana, viene messa in dubbio anche la tortura.

LE ULTIME ORE DI VITA – Prima di finire nelle mani dei massacratori Regeni avrebbe parlato con un italiano. Secondo il capo degli inquirenti egiziani, si tratterebbe di un lettore universitario italiano: “L’ultima persona con cui c’è stata una chiamata è un suo amico italiano, Gennaro Gervasio”, ha detto all’Ansa il capo della Procura di Giza, Ahmed Nagy. Ulteriori accertamenti sui tabulati telefonici hanno svelato la posizione di Regeni quando è stata agganciata per l’ultima volta una cella telefonica dal suo cellulare: era nel suo quartiere.

MA QUALE SPIA – Il caso è approdato in Parlamento a colpi di interrogazione parlamentare. Il sottosegretario agli Esteri, Benedetto Della Vedova, ha chiarito che “è senza fondamento che Giulio Regeni fosse un informatore dei servizi italiani. La solerzia dell’ambasciata è un elemento dovuto e, nella drammaticità, positivo. Chi sta al Cairo o in altre città complicate sa che non sta a New York. Il corpo di Giulio presentava ecchimosi, segni di bruciature e tagli alle spalle e al torace. Si è trattata di una morte violenta e efferata. Siamo in una fase preliminare”, ha spiegato Della Vedova, “sul piano formale è stato assicurato un livello sufficiente di collaborazione ai nostri investigatori da parte delle autorità egiziane”. Ma nei fatti di collaborazione non se n’è ancora vista.