Caso Regeni, la promessa di buone intenzioni e la realtà delle pesanti omissioni dopo il vertice coi pm egiziani. Il video della metro mai consegnato per “ostacoli tecnici”

Due giorni di incontri tra i pm italiani ed egiziani che indagano sulla morte di Giulio Regeni. Ecco com'è andata tra buone intenzioni e nuove omissioni.

Due giorni di incontri tra i magistrati italiani e quelli egiziani che indagano sulla morte di Giulio Regeni. E il risultato è un comunicato pieno di belle intenzioni, ma anche di pesanti omissioni. Gli inquirenti si sono salutati “con un rinnovato impegno da parte dei due uffici a proseguire nello scambio di atti e informazioni al fine di pervenire all’obiettivo comune e cioè accertare la verità sulla morte”, affermano in una nota congiunta il procuratore generale dell’Egitto, Nabeel Sadek, e il procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone.

Ma cosa è emerso dai due giorni di incontri? Innanzitutto che la polizia egiziana indagò sul ricercatore friulano. Nella nota congiunta, infatti, si legge che Sadek ha riferito “di aver accertato che la polizia del Cairo, in data 7 gennaio 2016, ha ricevuto dal Capo del sindacato indipendente dei rivenditori ambulanti un esposto su Giulio Regeni a seguito del quale la Polizia ha eseguito accertamenti sull’attività dello stesso”. All’esito delle verifiche “durate tre giorni, non è stata riscontrata alcuna attività di interesse per la sicurezza nazionale e, quindi, sono cessati gli accertamenti”.

Sadek “ha illustrato e consegnato l’ampia, completa e approfondita relazione sull’esame del traffico delle celle che coprono l’area della zona della scomparsa e del ritrovamento del corpo di Giulio Regeni”. “Presso la procura egiziana – prosegue il comunicato – sono pertanto in corso tutti i necessari approfondimenti investigativi sui soggetti le cui utenze risultano presenti in ambedue le aree”.

Ma veniamo alle incredibili omissioni. Secondo quanto si legge nel comunicato, infatti, il video delle metropolitane non è mai stato inviato agli inquirenti italiani semplicemente per “ostacoli tecnici” che “sinora hanno impedito di completare l’accertamento al fine di poter acquisire alle indagini anche gli eventuali elementi di prova contenuti nei video del sistema di sorveglianza della metropolitana de Il Cairo”. Un fatto che certamente lascia aperti non pochi dubbi.

E dubbi sorgono anche su quanto si legge poco più avanti nel comunicato. Le autorità del Cairo, infatti, si auto-smentiscono anche circa la presunta banda di rapinatori sterminata dalle autorità cairote perché accusata della morte del giovane friulano: “Quanto, infine, alle indagini relative ai fatti del 24 marzo 2016 e al ritrovamento dei documenti di Giulio Regeni in casa di uno dei parenti del capo della banda criminale, la Procura generale d’Egitto ritiene che allo stato delle indagini vi siano solo deboli indizi di un collegamento tra i cinque componenti della banda poi uccisi e il sequestro e l’uccisione di Regeni”.

Il procuratore egiziano ha espresso inoltre la disponibilità ad incontrare a breve i genitori di Regeni “per manifestare anche a loro l’impegno e la volontà di giungere alla scoperta e alla punizione dei colpevoli di un così grave delitto”.