Yara, un mistero che parte da lontano

di Angelo Perfetti

La solitudine. È stata l’ultima gelida compagna di Yara prima di abbandonare tutto: la sua famiglia, la scuola, il palazzetto dello sport, il proprio futuro. La solitudine, il freddo, e l’odore del sangue che usciva dalla testa, dalle innumerevoli ferite inferte con “plurime coltellate” com’è scritto negli atti della Procura. Tre colpi al capo – hanno chiarito gli inquirenti nella conferenza stampa di ieri – una violenza inaudita nell’impari lotta di un adulto contro una ragazzina inerme, colpevole di nulla, lasciata morire abbandonata nel fango, uccisa dalle ferite e dall’ipotermia. La descrizione rispetto alle risultanze dei periti è agghiacciante, ancor più se si pensa che Giuseppe Massimo Bozzetti è padre di tre figli. Gli stessi che la sera guarda negli occhi prima della buona notte, gli stessi sul capo dei quali ha fatto una carezza. Per la tredicenne di Brembate invece il presunto killer (anche se le prove tecnicamente si formano solo nella fase dibattimentale del processo, per gli inquirenti non ci sono dubbi: “Il materiale biologico è al 100% uguale a quello trovato sui leggins di Yara Gamberasio”) Giuseppe Massimo non ha avuto la stessa delicatezza: “Ha operato sevizie e agito con crudeltà” affermano senza mezzi termini gli investigatori. E non ci sarà mai una giustificazione, un movente possibile, una causa scatenante da poter accettare. Ora lui in carcere si dice “provato” e “preoccupato per la famiglia”, parole che suonano come un pugno allo stomaco per chi una figlia l’ha persa orribilmente, eppure umanamente comprensibili nei confronti di altri ragazzini innocenti che resteranno loro malgrado segnati a vita da questa storia.

Oltre il Dna
Nel provvedimento, di poche pagine, oltre al capo di imputazione si evidenziano le prove che, a dire della procura di Bergamo, non lascerebbero dubbi sulla colpevolezza di Bossetti. La ‘prova regina’ è il Dna (preso con un escamotage, un finto controllo con etilometro fatto dalla polizia stradale) che “con sostanziale e assoluta certezza” evidenzia “la compatibilità” tra il profilo del sospettato numero uno e il profilo genetico trovato e analizzato sugli indumenti della vittima. Elementi da associare “all’analisi delle celle telefoniche” il giorno della scomparsa di Yara ( il cellulare di Bossetti aggancerebbe la cella di Brembate in un orario compatibile con la scomparsa della 13enne avvenuta il 26 novembre 2010) e “le polveri riconducibili a calce” trovate nei polmoni della vittima (secondo l’esame autoptico) e compatibili’ con il lavoro svolto dal 44enne muratore di Mapello, il quale potrebbe aver avuto facile accesso a un cantiere edile della zona.

L’intreccio familiare
La vicenda di Yara, il delitto, gli intrecci familiari, le indagini, i depistaggi, la scientifica sembrano scritti dalla penna di una romanziere da best seller. Quattro famiglie frantumate: una è quella della vittima, l’altra è quella attuale dell’assassino. Poi si scopre anche che il killer è il figlio illegittimo (insieme alla gemella) di un padre che di cognome faceva Guerinoni, e non Bossetti; e così il fratello scopre di aver vissuto con due fratellastri per tutti questi anni. Ma i suoi veri fratelli sono altri, cioè sono i figli di quel Giuseppe Guerinoni che aveva avuto una storia illegittima sempre nascosta alla moglie, con la quale ha avuto altri tre figli, che hanno scoperto solo oggi di avere un fratello, un fratello assassino. E in questa storia assurda ci sono così altri bambini coinvolti, tutti i figli dei protagonisti, che ora dovranno rivedere anche il proprio concetto di nonno.

Il pericolo di fuga
Massimo Giuseppe Bossetti, che non ha voluto rispondere ai giudici, è stato sottoposto a fermo per il pericolo che potesse fuggire. In particolare, “pare assai probabile – scrive il pm – che l’indagato, qualora venga a conoscenza in stato di libertà della pendenza del presente procedimento penale (per un caso, tra l’altro, che agita le cronache fin dal suo inizio e per il quale si è sviluppato un notevole risentimento da parte dell’opinione pubblica nei confronti dell’autore di tale efferato e ingiustificabile gesto), si dia alla fuga”.

Ipotesi di un complice
Le indagini però non si fermano. Il questore di Bergamo Fortunato Finolli chiarisce: “Ci sono ancora accertamenti da svolgere e i tempi non saranno brevi”. Non è esclusa la possibile presenza di un complice.