I pregiudizi uccidono più della droga. Lorenzo è morto in discoteca per un male improvviso. Il mondo dei locali e della sicurezza: prima di criminalizzare il divertimento fermiamo sul serio chi cerca lo sballo

I pregiudizi uccidono più della droga. Lorenzo è morto in discoteca per un male improvviso.

 

di Elena De Blasi

 

Si può morire per cause naturali in strada, su un campo sportivo e se capita anche in discoteca. Se però accade in queste moderne cattedrali del divertimento l’ipotesi di un male improvviso non è neppure presa in considerazione. Nei locali si sa che gira la droga, pasticche sintetiche e mille altre porcherie che possono essere fatali. Tutto vero, esattamente come sono veri però i pregiudizi sul cosiddetto mondo della notte, fatto di giovani che non sanno resistere allo sballo, ma anche di tanta gente che lavora e di giovani capaci di divertirsi senza aver bisogno di alcol e droga. Così sorprende e fa notizia, come l’uomo che morde il cane anziché il contrario, l’annuncio del Procuratore della Repubblica di Lecce, Cataldo Motta, dopo gli esami tossicologici su Lorenzo Toma, il diciannovenne morto domenica scorsa nella discoteca Guendalina di Santa Cesarea Terme. Toma è deceduto per cause naturali. Nel suo corpo non è stata rinvenuta infatti alcuna sostanza stupefacente – ha spiegato Motta – né a livello di urine, né di sangue, né nel contenuto gastrico. L’autopsia, compiuta lo scorso 11 agosto dal medico legale Alberto Tortorella ha rivelato che il giovane era invece affetto da una cardiomiopatia ipertrofica, una patologia che può causare una morte improvvisa e della quale sembra che né lui né i familiari fossero informati. Si attendeva però l’esito degli esami tossicologici per verificare se ci potessero essere altre concause al decesso. Un’attesa di cui non c’è stato bisogno per il verdetto popolare, di demonizzazione assoluta delle discoteche, soprattutto dopo l’episodio di appena qualche giorno prima, con la morte di un altro ragazzo questa volta nella più famosa discoteca Cocoricò di Rimini. In Emilia Romagna la decisione delle autorità fu subito durissima, con la chiusura del locale, anche se la morte della povera Ilaria Boemi, la sedicenne morta su una spiaggia di Messina il 9 agosto scorso è la prova provata che i ragazzi in cerca di sostanze tossiche non hanno bisogno di andare nelle discoteche per trovarle. Per questo gli operatori del settore continuano a chiedere un atteggiamento coerente da parte delle autorità di pubblica sicurezza. “Non si comprende – spiega il presidente di Aissitalia, l’associazione nazionale della sicurezza sussidiaria, Franco Cecconi – quale sia appunto il nesso tra la morte per overdose del giovane 16enne e la chiusura del Cocoricò.
Stando ai fatti il giovane è venuto in possesso della dose letale di ecstasy a Città di Castello e non all’interno del locale, dose che poi ha assunto ancora prima di entrare all’interno del locale dove ore più tardi è stato colto da malore. Il Cocoricò è uno di quei locali che la droga ha scelto di combatterla seriamente, attraverso iniziative con le comunità di recupero, le forze dell’ordine e la sicurezza sussidiaria impegnata ogni sera nel difficile lavoro di prevenzione.
Un luogo deputato al ballo e all’ascolto della musica – continua Cecconi – non deve certo trasformarsi in un luogo di consumo di droghe, ma per impedire che ciò avvenga non serve chiudere i locali.
Serve educare i giovani, ad un divertimento responsabile, serve ripristinare la filiera dell’educazione civica, serve reintrodurre meccanismi sociali che inneschino il rispetto, è ora che lo stato si prenda delle responsabilità, senza riversare sempre la sua incapacità sui cittadini, sugli imprenditori e su categorie ingessate dalla inefficacia delle leggi.
Occorre dotare gli operatori di sicurezza di strumenti realmente efficacy – chiede dunque Cecconi – e certo non quella burla ridicola che chiamano Legge 94/09. “La nostra associazione – ricorda il presidente Aissitalia – ha proposto soluzioni di modifica al decreto del 2009 che giacciono lettera morta probabilmente sulla scrivania del Ministro dell’Interno. Chissa che questa volta non riescano a darci ascolto, non fosse altro che per rispetto di quel povero ragazzo e della sua famiglia, gente che insieme ai morti accoltellati e ai morti negli incidenti stradali, aspetta che lo stato adotti soluzioni efficaci e non queste sparate che danneggiano settori merceologici colpevolizzando innocenti ma soprattutto senza risolvere i problemi.