Centri per l’impiego senza impiegati. Maxi flop nelle Regioni di destra. Realizzate solo mille delle 11mila assunzioni previste. Ferme a zero Lombardia, Piemonte, Calabria e altre

Il Reddito di cittadinanza ha funzionato solo a metà perché sul fronte delle politiche attive i centri per l’impiego non sono mai decollati.

Centri per l’impiego senza impiegati. Maxi flop nelle Regioni di destra. Realizzate solo mille delle 11mila assunzioni previste. Ferme a zero Lombardia, Piemonte, Calabria e altre

Ormai lo sanno tutti e tutti – da destra al centro a sinistra fino allo stesso Movimento cinque stelle – non fanno che ripeterlo: il Reddito di cittadinanza ha funzionato solo a metà perché sul fronte delle politiche attive i centri per l’impiego non sono mai decollati come avrebbe voluto l’allora ministro del Lavoro Luigi Di Maio. È vero. Quel che pochi sanno, però, che la responsabilità, numeri alla mano, è delle regioni. E, in gran parte, proprio di quelle regioni guidate nella stragrande maggioranza dei casi da giunte di centrodestra.

Tanto che ad alcuni, tanto nei corridoi parlamentari quanto in quelli ministeriali, sorge un dubbio piuttosto legittimo? Vuoi vedere che governatori e assessori ora di Fratelli d’Italia, ora della Lega, ora di Forza Italia hanno deliberatamente ostacolato la “realizzazione” del provvedimento bandiera dei Cinque stelle? Impossibile ovviamente dirlo con certezza. Ci sono, però, i dati che permettono di farsi un’idea più precisa.

In tre anni erano attesi oltre 11mila dipendenti nei centri per l’impiego e ne sono arrivati meno di mille, nonostante i milioni di euro stanziati e un piano appositamente predisposto. La causa è da ricercare, come detto, nella lentezza delle Regioni nell’espletamento della procedure concorsuali. Dovrebbero preparare i bandi, che invece si perdono nei rivoli della burocrazia, con la foglia di fico della pandemia, vanificando l’intenzione di potenziare le politiche attive.

La verità è scolpita dai dati ufficiali forniti dal Ministero del Lavoro, in risposta a un’interrogazione presentata alla Camera dalla deputata del Movimento 5 Stelle, Valentina Barzotti. Dal 2019 al 2021, infatti, è stata disposta l’assunzione di 11.600 risorse per i centri per l’impiego, da aggiungere all’attuale organico che conta 8mila dipendenti. Il tutto per rendere operativa la parte “attiva” del decretone sul Reddito di cittadinanza.

DISASTRO REGIONALE. Ed ecco la domanda delle domande? Quali sono le regioni che hanno lasciato, per usare un gioco di parole, i centri per l’impiego senza impiegati? Basti questo: Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Lombardia, Molise, Piemonte, Puglia, Sicilia e Umbria sono ancora ferme a zero. Fatta eccezione per la Puglia di Michele Emiliano (che pure aveva lodato la misura assistenziale), le restanti regioni sono tutte governate da giunte di centrodestra, fatta eccezione per la Campania per la quale però il governatore Vincenzo De Luca si è sempre dimostrato scettico sulla misura.

E così, a conti fatti, Attilio Fontana avrebbe dovuto provvedere all’assunzione di 1.378 dipendenti e invece nessun impiegato è arrivato nei centri. In Piemonte l’organico avrebbe dovuto accogliere 716 nuovi dipendenti e zero ne sono arrivati. Stesso discorso per la Puglia, che avrebbe potuto assumere 1.129 unità di personale. La Calabria si accoda all’andazzo generale delle regioni del Sud: 623 assunzioni autorizzate, nessuna realizzata. Stessa situazione, come detto, anche in Campania: erano attesi ben 1.840 nuovi ingressi, ne risultano zero.

Non va certo meglio nella Sicilia di Nello Musumeci: a fronte di 1.246 posti a disposizione, non è arrivato un solo nuovo dipendente negli uffici. Le regioni più virtuose? Veneto, Liguria e Toscana. Ma in ogni caso le assunzioni non sfiorano neanche per sbaglio il 50% di quelle previste. Un disastro, dunque. Che adesso, però, ha nomi e cognomi dei responsabili politici.