Chi pensa alla politica e chi agli affari

di Gaetano Pedullà

Non sapremo mai se è vero o no che Napolitano telefonò per avere in anteprima la sentenza Mondadori. Se fosse vero – come sembra sostenere Berlusconi in un filmato trasmesso ieri sera – sarebbe un’ingerenza gravissima. Ma se non è vero, com’è probabile, non cambia molto sul piano della responsabilità del Colle nel caos politico in cui ci troviamo. Aver imposto un’alleanza innaturale tra Pd e Pdl, con il risultato di gettar via sette mesi e non realizzare una sola legge significativa – dalla riforma elettorale al taglio del finanziamento dei partiti – dovrebbe imporre di trarre le conseguenze e farsi da parte. Dal Quirinale ai poteri forti, dall’Europa che telefona per darci la linea ai parlamentari che “toglietemi tutto, ma non la poltrona”, di restituire la parola agli elettori però non c’è voglia. Chi sostiene che l’unica cosa sensata è tornare alle urne – noi lo facciamo dal primo giorno dopo le ultime elezioni – passa per sfascista. E dire che non c’è momento democratico più alto del chiamare i cittadini al voto. Perché allora si insiste con esperimenti stravaganti, dalle larghe intese che hanno fatto la fine più ovvia, all’ipotesi di un Letta bis su cui si lavora in queste ore? A chi serve un governo piccolo piccolo, buono purché stia in piedi e faccia finta con i mercati che qui da noi c’è stabilità? A che serve una politica debole mentre nel mondo si riaffaccia la ripresa e saccheggiare l’economia italiana è lo sport del momento? Si dice che votare con questo sistema elettorale non assicura un quadro più stabile di quello attuale. Ma cos’è meglio: il rischio di ritrovarci in una situazione ancora incerta o la matematica certezza di andare avanti in questo caos? La risposta è ovvia, ma Napolitano, Letta e i tanti che hanno da guadagnare da questo disastro fanno finta di non arrivarci. Prepariamoci a gettar via altri mesi (e altre Telecom) con il Letta bis.