Chi sbaglia paga. Tranne che nei Comuni italiani. Il caso di una città pugliese. Per gli errori in un esproprio ci punisce pure l’Ue

di Clemente Pistilli

Se sbagliare è umano e perseverare è diabolico sembra che il piccolo Comune pugliese di San Ferdinando si trovi nella seconda situazione. Un errore su un esproprio ha portato l’ente pubblico a spendere il triplo per un terreno, dovendo restituire allo Stato la sanzione che per quei fatti l’Europa ha inflitto all’Italia, un secondo errore è stato commesso con il ricorso al Tar, cercando di evitare il salasso, visto che per i giudici non è quello il Tribunale competente in tali casi, e il terzo con l’appello al Consiglio di Stato, dichiarato irricevibile perché presentato troppo tardi. Il risultato alla fine rischia di essere sempre lo stesso: le amministrazioni pubbliche sbagliano e i cittadini pagano, tirando fuori tasse su tasse senza poi avere servizi, con ingenti somme che finiscono per sparire tra una causa persa e l’altra.
La vicenda riguarda un vecchio esproprio di un terreno, per realizzare un immobile, seguendo una procedura che i giudici hanno poi dichiarato illegittima, non essendo stato adottato un provvedimento di esproprio nel termine dei cinque anni previsti dopo l’occupazione d’urgenza. Il proprietario del bene ha dato battaglia portando il suo caso fino alla Corte europea per i diritti dell’uomo, dove si è visto riconoscere che all’epoca dei fatti il terreno valeva quasi 152 mila euro ma, visto il tempo trascorso e i danni materiali e morali subiti, doveva essere risarcito con ben 875 mila euro. Gli anni passano e gli interessi crescono. L’Italia alla fine ha dovuto pagare una sanzione da 900 mila euro e, secondo il principio del chi sbaglia paga, il 20 febbraio 2012, con decreto del premier Mario Monti, il Comune fondato nel 1847 da Ferdinando II di Borbone è stato condannato a restituire quella somma allo Stato. In gergo tecnico si chiama diritto di rivalsa. Il Comune pugliese, quindicimila anime in provincia di Barletta-Andria-Trani, ha impugnato il provvedimento al Tar di Bari, che lo scorso anno ha però dichiarato che non era il Tribunale competente per tali vicende, essendo le stesse materia dei giudici ordinari. L’ente pubblico non si è arreso e ha appellato la sentenza al Consiglio di Stato. Altra doccia fredda, essendo stato presentato il ricorso in ritardo. Il Comune, ma soprattutto i cittadini contribuenti, sembra si debbano rassegnare al salasso.