di CAROLA OLMI. Nel nostro piccolo siamo entrati nella storia. Il commissario all’Expo Giuseppe Sala può tirare il fiato dopo sei mesi intensi e soprattutto una gestazione difficile, con ritardi biblici e scandali che hanno minacciato a lungo l’Esposizione. E il fatto stesso che sia servito un commissario per un evento programmato da anni è la prova dei rischi che si sono corsi. Alla fine però il Paese e Milano hanno dato prova di capacità. Sala, con il sostegno rilevante del prefetto Francesco Paolo Tronca – neo commissario al Comune di Roma, dopo la caduta di Ignazio Marino – ha gestito in modo brillante la manifestazione. Così si è arrivati alla cerimonia conclusiva, con il passaggio della bandiera a Dubai, che sarà sede del prossimo Expo nel 2020.
A chiudere l’evento è stato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che ha parlato di un passaggio e dell’inizio di un nuovo impegno civico, grazie al tema della fame nel mondo posto dalla manifestazione.
Matteo Renzi ha tuittato: “è stato bello crederci, grazie a tutti. Viva l’Italia, orgoglio Expo”.
Ora però si apre una nuova pagina difficile. L’Expo milanese è stato visitato da circa 21 milioni di persone, contenendo quindi i costi dell’esposizione. Resta invece tutto da pagare il costo dell’investimento nelle aree sulle quali si è svolta la manifestazione. Aree costate una cifra molto più alta degli attuali valori del mercato immobiliare.
Le aste per vendere i terreni sono andate deserte, e se non ci sarà l’intervento della Cassa Depositi e Prestiti – cioè dello Stato – per farne una zona universitaria, la zona rischia restare abbandonata se non, peggio, di diventare un campo aperto per zingari e senza fissa dimora.
Di qui l’ipotesi che si nomini un nuovo commissario per la destinazione dell’area. Per Milano e l’Italia la prova è dunque ancora da giocare fino in fondo. Chi ha perso invece miseramente sono i teppisti dei comitati No Expo che misero a ferro e fuoco Milano il giorno dell’inaugurazione dell’evento.