Torna in pista Casini. Con l’assegnazione delle presidenze di commissione premiati Saccon, Galan e Matteoli. E’ la rivincita dei big, ma su Nitto Palma l’inciucio scricchiola

di Lapo Mazzei

Doveva essere il momento di sublimazione delle larghe intese. Con il ritorno in sella dei big del Pdl e del Pd, esclusi dal governo e dalla lotteria dei sottosegretari. Invece la scelta dei presidenti di commissione rischia di trasformarsi nella Caporetto di una già fragile maggioranza, tenuta insieme da un collante tanto debole quanto inopportuno, vista la situazione generale. Perché alla prima vera prova del fuoco, peraltro senza prova generale alle spalle, la strana maggioranza Pd-Pdl (con Scelta Civica a fare da comparsa in modo da soddisfare la fame di poltrone del “sughero” Pier Ferdinando Casini), è andata letteralmente in crisi.

Due no consecutivi
E anche questa volta, strano ma vero, c’entrano i franchi tiratori del Partito democratico, che dopo il “fuoco amico” su Franco Marini e Romano Prodi per il Quirinale hanno provveduto a impallinare (oggi capiremo con quali conseguenze) un pidiellino. Non uno a caso, bensì l’ex ministro della Giustizia Francesco Nitto Palma, uomo vicino al Cavaliere, che già pregustava la presidenza della Commissione Giustizia del Senato. Come tutte le altre, la sua candidatura era il frutto di una intesa raggiunta a priori, proprio per evitare scontri. Nitto Palma invece, per due votazioni consecutive, si è fermato a 13 voti contro i 14 necessari. Un risultato che ha fatto infuriare il Pdl. “Il no a Nitto Palma è un fatto politico”, ha tuonato il presidente dei senatori del Pdl Renato Schifani, “ognuno ora dovrebbe assumersi le sue responsabilità”.
Nitto Palma paga forse l’aver insistito per la candidatura di Cosentino in Campania (poi sfumata), atteggiamento che non era certo piaciuto al centrosinistra. “Ho preso i voti che dovevo prendere, evidentemente non ho preso quelli di schieramenti diversi dal mio”, spiega il diretto interessato. “Nelle liste in Campania non abbiamo candidato nessuno che fosse in attesa di giudizio. Non trovate scuse per un voto che non è stato in sintonia con le attese”. E oggi, ovviamente, si riprova, con una nuova votazione (a maggioranza semplice, stavolta) fissata per le 15. “Se mi ricandido? Non so, non mi interessa, la mia candidatura sarà decisa dal mio partito”. E c’è anche un piccolo giallo, con Felice Casson del Pd cui viene attribuita una frase (“Domani voteremo il nostro candidato”) che poi lui stesso smentirà (“Vogliamo un candidato condiviso”).

I nuovi organigrammi
Per il resto, tutto più o meno come da copione. A Palazzo Madama il Pd si prende Affari Costituzionali (Anna Finocchiaro), Difesa (Nicola Latorre), Finanze (Mauro Marino), Cultura (Andrea Martucci), Industria (Massimo Mucchetti) e Sanità (Emilia De Biasi). Il Pdl, invece si piazza alla guida di Bilancio (Antonio Azzollini), Lavori pubblici e Tlc (Altero Matteoli), Agricoltura (Roberto Formigoni), Lavoro (Maurizio Sacconi) e Ambiente (Giuseppe Marinello).
Scelta Civica si prende solo gli Esteri con Casini, premiato nonostante la devastante sconfitta elettorale.
Alla Camera invece la commissione Affari costituzionali va a Francesco Paolo Sisto (Pdl), la Giustizia a Donatella Ferranti (Pd), gli Esteri a Fabrizio Cicchitto (Pdl), la Difesa a Elio Vito (Pdl), Bilancio a Francesco Boccia del Pd (nonché marito della ministra alle Politiche Agricole Nunzia De Girolamo), le Finanze a Daniele Capezzone (Pdl), la Cultura a Giancarlo Galan (Pdl), l’Ambiente a Ermete Realacci (Pd), i Trasporti a Michele Meta (Pd), le Attività produttive a Guglielmo Epifani (Pd), il Lavoro a Cesare Damiano (Pd), gli Affari sociali a Pier Paolo Vargiu (Scelta civica) e l’Agricoltura a Luca Sani (Pd). Neanche a Montecitorio però non sono mancate le polemiche, in particolare per la nomina di Ignazio La Russa alla presidenza della Giunta per le Autorizzazioni, che secondo il Movimento 5 Stelle è una finta concessione alle opposizioni. I parlamentari eterodiretti da Beppe Grillo promettono a questo punto battaglia per le presidenze di Copasir e la Vigilanza Rai, che di norma spettano alle opposizioni e per i quali lanciano le candidature di Vito Crimi e Roberto Fico.