Confindustria, archiviata l’assemblea

di Sergio Patti

La richiesta è di riforme e di grande cambiamento. Ma ieri l’assemblea della Confindustria è stata la solita messa cantata, rappresentazione plastica di un mondo che dice una cosa e ne fa un’altra. In una parola: non cambia. Quasi naturale che, a marcare la distanza, il premier Matteo Renzi non si sia fatto vedere. E d’altra parte il discorso letto faticosamente da Squinzi mentre gli ospiti stavano mediamente due pagine avanti sul testo distribuito in sala, ci ha fatto sapere le solite cose.

Evviva Lapalisse
Slogan del tipo “È arrivato il momento di costruire un’Italia nuova” o “Servono le riforme per agganciare la crescita. Chi volesse farsi del male può trovare la cronaca stile Minculpop sul giornale della casa, Il Sole 24 Ore. Giornale che già ieri ci informava dei ben 16 trionfali applausi tributati al presidente, senza però spendere una riga sulla guerra strisciante nell’associazione. All’Unione industriali di Roma hanno preso infatti tutt’altro che bene l’uscita di Aurelio Regina, ma ancora di più la sua sostituzione con Carlo Pesenti, un vicepresidente non espressione della stessa area.
L’assemblea, sottotono anche come numero di partecipanti, è servita comunque a Squinzi per provare a ricucire con il premier. Le uscite di marzo scorso, con tutte le cautele sulle effettive possibilità di realizzare il programma ambizioso di Renzi, hanno scavato un solco. Il Presidente del Consiglio replicò allora mettendo nello stesso calderone Confindustria e sindacati, accusandoli di essere tutti responsabili di questa Italia nella palude. Ovviamente Camusso, Bonanni e Angeletti facevano la loro bella presenza anche ieri nella sala dell’Auditorium romano. Struttura che per ironia della sorte appartiene a una fondazione di cui è presidente quell’Aurelio Regina cacciato dalla squadra di Squinzi. Solo per questo motivo, sfiorando il più clamoroso degli incidenti diplomatici, all’ultimo minuto gli organizzatori sono riusciti a trovare un posto in prima fila al presidente del Sigaro Toscano, altrimenti già scaraventato nelle retrovie. D’altra parte si sa, gli industriali parlano di grandi sistemi, ma poi sono attentissimi a come appaiono e dove appaiono.

Il dire e il fare
Umane debolezze in fin dei conti meno gravi delle promesse fatte per decenni e mai mantenute dai ministri che anche ieri, come ogni anno, hanno parlato alla platea o ai giornalisti assiepati per registrarne il verbo. Dal ministro delle attività produttive, Guidi, che giocava in casa avendo fatto anche la presidente dei giovani industriali, fino al ministro del lavoro, Poletti, un signore che di assemblee più o meno uguali, con discorsi più o meno identici, ne ha organizzati in prima persona a bizzeffe quando stava alla guida della Legacoop. Maggiore equità tariffaria nell’energia e spinta alla ricerca di idrocarburi sono state le promesse della Guidi. Misure straordinarie per il lavoro, le assicurazioni di Poletti. Tornando a Squinzi, i passaggi forti della sua relazione sono stati tre. Il primo passo di riavvicinamento a Palazzo Chigi, ammettendo esplicitamente che le prime mosse per ridare lavoro al Paese sono state fatte bene. Il secondo passaggio è stata la richiesta di disboscare la giungla dei tributi e attuare rapidamente la delega, mentre il terzo ha riguardato il sabotaggio della crescita, diventato sistematico, mentre la libera iniziativa in Italia non è più garantita. Squinzi: Squinzi, che l’anno prossimo riunirà la sua associazione all’Expo di Milano, non a caso ha chiesto uno scatto morale contro la corruzione. Dagli elettori – ha detto – è arrivato un mandato forte. Il semestre italiano adesso freni l’austerità della Ue.