Per i consorzi di bonifica la vera grande opera sono tremila piccole opere. Il presidente dell’Anbi, Vincenzi: “Occasione straordinaria”

Intervista al presidente dell'Anbi Francesco Vincenzi

Un cambio di passo di cui c’era bisogno, che può far partire subito molti cantieri e soprattutto aiutarci a prevenire una carenza d’acqua che già si profila per la nostra agricoltura. Il presidente dell’Anbi, l’associazione nazionale dei Consorzi di bonifica, Francesco Vincenzi, non sta nella pelle dopo l’avvio del Proteggitalia, il piano del Governo contro il dissesto idrogeologico, che stanzia undici miliardi e soprattutto riconosce un ruolo determinante proprio ai consorzi. “Questo piano – spiega – in continuità con quello precedente di Italia sicura, ha mezzi e progetti per risolvere davvero uno dei grandi problemi del Paese”.

In Italia siamo abituati agli annunci, poi però quando si tratta di far partire le opere la realtà è ben diversa…
“Vero, ma oggi c’è immediatamente utilizzabile la grande progettualità dei consorzi di bonifica, che hanno realizzato una pianificazione capillare su tutto il territorio nazionale, con tremila opere praticamente pronte per diventare cantieri. È una grande occasione, anche perché gli enti irrigui hanno dimostrato una elevata capacità tecnica e di visione”.

Quando si parla di appalti e spesa pubblica i concetti del fare presto e del fare bene non sempre coincidono.
“Si fa bene quando non si sperpera il denaro della collettività. Per quanto riguarda il fare presto, una volta che abbiamo i progetti pronti siamo davvero a buon punto. E il rapporto fluido che i consorzi di bonifica hanno in genere con le Regioni accorcerà ancora di più i tempi fisiologici della burocrazia”.

Le lungaggini della legge sugli appalti non la spaventano?
“Certo che preoccupano, di grattacapi ne ha procurati a non finire, ma adesso non c’è altra priorità che aprire i cantieri”.

Dove? Ci sono zone in allarme rosso?
“Di situazioni critiche ce ne sono dovunque. Se proprio mi costringe a indicare due priorità dico però che la prima è ricostituire un sistema reticolare per compensare i danni dell’eccessivo consumo del suolo, mentre la seconda è un grande piano per la montagna. Qui ci sono aree a rischio, che beneficeranno degli investimenti tanto sul luogo delle opere quanto a valle”.

Lei non indica due grandi opere, due progetti bandiera come potremmo usare a paragone il Tav.
“Perché la grande opera è fare tante opere in tutto il Paese”.

Vuol dire che abbiamo da preoccuparci ovunque? I consorzi da tempo sono la migliore antenna sulle previsioni idriche per i mesi della grande calura.
“Non abbiamo la bacchetta magica, ma siamo realisti: quest’anno la piovosità limitata ricorda molto il 2017, con lo stesso sbilanciamento tra Nord e Sud, i bacini di montagna quasi mai pieni e altrettanto le dighe. Perciò andiamo incontro a un’estate che potrebbe essere faticosa per quanto riguarda le disponibilità idriche. E d’altra parte già adesso, con la ripartenza di molte colture, vengono segnalate le prime richieste d’acqua. Segno inequivocabile di come certi fenomeni legati ai cambiamenti climatici non hanno più una ciclicità di decenni, ma purtroppo si susseguono di anno in anno”.