Consulenze pazze all’Aifa. Il candidato presidente c’è: Remuzzi prese un incarico senza essere nell’albo. Vacilla la corsa alla guida dell’Agenzia del farmaco

Ora spunta una consulenza per la stessa Agenzia del faramaco che Remuzzi non avrebbe potuto svolgere, almeno a stare al dettato del regolamento Aifa

Non c’è niente da fare. Piove sul bagnato per Giuseppe Remuzzi, nefrologo di fama internazionale che alcune regioni vorrebbero alla presidenza dell’Aifa, la potente Agenzia italiana del farmaco. Dopo le cause di ineleggibilità del luminare, messe in evidenza da La Notizia del 21 novembre scorso, adesso dal suo recente passato viene fuori una consulenza per la stessa Agenzia che Remuzzi non avrebbe potuto svolgere, almeno a stare al dettato del regolamento Aifa. La vicenda si colloca tra la fine del 2015 e la primavera del 2016, quando all’Agenzia va in scena una battaglia di pareri per l’ammissibilità a rimborso del farmaco Tolvaptan, efficace nella malattia policistica renale dell’adulto. I duellanti sono due eminenti nefrologi: Massimo Cirillo, professore di ruolo dell’Università di Salerno e Remuzzi, coordinatore del Mario Negri di Bergamo. Peccato che quest’ultimo, a differenza di Cirillo, non faceva (né fa) parte della banca dati dei consulenti esterni Aifa, come è facile rilevare nel sito dell’Agenzia.

Il punto – Il che non parrebbe un aspetto secondario, perché secondo il regolamento “l’Aifa può avvalersi di esperti esterni di comprovata e documentata esperienza, individuati nell’ambito della banca dati dei consulenti Aifa”. Il tutto in ossequio all’art. 53 del dlgs 165/2001 che dispone per le Amministrazioni pubbliche “l’inserimento nelle proprie banche dati, accessibili al pubblico per via telematica, gli elenchi dei propri consulenti…nonché l’attestazione dell’avvenuta verifica dell’insussistenza di situazioni anche potenziali di conflitto d’interesse”. Requisiti che, però, Remuzzi non avrebbe potuto soddisfare, essendo in quello stesso periodo coordinatore, presso il Mario Negri di Bergamo, dello studio “Aladin” finanziato dalla Novartis su un suo nuovo farmaco (la Sandostatina) concorrente con quello già ammesso in commercio, ma – proprio a causa dei pareri negativi del Remuzzi – escluso, a differenza di altri Paesi europei, dalla rimborsabilità. Un conflitto d’interessi che avrebbe dovuto sconsigliare il suo expertise. Un insieme di interessi diretti e indiretti che, secondo il regolamento per la disciplina dei conflitti d’interesse dell’Aifa, dovrebbero far riflettere sul coinvolgimento di Remuzzi negli organi di governo dell’Agenzia.

Il precedente – Nei giorni scorsi, come detto, erano emerse almeno due cause di ineleggibilità del nefrologo alla presidenza dell’Aifa. In cima a questi impedimenti c’è l’età del luminare, che oggi ha 67 anni. Visto che il mandato dura cinque anni, finirebbe a 72, dunque oltre il limite previsto dalla Legge Madia sugli incarichi nella pubblica amministrazione. Un peccato veniale? Mica tanto, anche perché c’è un secondo motivo che avrebbe dovuto bloccare sul nascere la candidatura di Remuzzi. Il professore, come riporta il suo stesso curriculum, ha coordinato tutte le attività di ricerca della sede di Bergamo dell’Istituto Mario Negri e dal 1992 dl Centro di ricerche cliniche per le malattie rare “Aldo e Cele Daccò” a Ranica (Bg), tutti istituti privati notoriamente finanziati da aziende farmaceutiche. La nomina di Remuzzi alla presidenza dell’Ente che regola i prezzi e le attività in Italia delle stesse case farmaceutiche che ieri lo finanziavano porrebbe perciò il professionista in un chiaro conflitto d’interessi.