Conte vuole la pace in Afghanistan. E i nostri talebani lo lapidano. Da Borrel al Papa tutti chiedono il dialogo. Ma per le destre e Renzi non ci sono che le bombe

Le parole di buonsenso di Giuseppe Conte oggi in Italia vengono incredibilmente classificate da alcuni come “vergognose”.

Conte vuole la pace in Afghanistan. E i nostri talebani lo lapidano. Da Borrel al Papa tutti chiedono il dialogo. Ma per le destre e Renzi non ci sono che le bombe

“Dovremo metterci in contatto con le autorità a Kabul, chiunque ci sia: i Talebani hanno vinto la guerra quindi dobbiamo parlarci, per discutere ed evitare un disastro migratorio e una crisi umanitaria”. Sono parole di buonsenso, parole che indicano una via obbligata da percorrere, dopo una delle più clamorose storiche sconfitte dell’Occidente nel fatale Afghanistan, già in passato teatro di tremende battute d’arresto per gli Stati Uniti e per l’allora potentissima Unione Sovietica. Queste parole le ha pronunciate Josep Borrell, l’alto rappresentante della politica estera della Ue, al termine del Consiglio Affari Esteri (leggi l’articolo).

Ci sarebbe poco da aggiungere (e molto da agire) se fossimo un Paese normale dove i fatti vengono giudicati in quanto tali e la politica si divide quando serve e resta unita quando gli interessi in gioco riguardano il futuro di tutti. Ma siamo nell’Italia del 2021, dove capita che parole praticamente identiche (“serve un serrato dialogo con i talebani”) diventano l’ennesima occasione per tentare di crocifiggere l’unico uomo politico venuto dalla società civile e capace di svelare e ad un tempo svecchiare lo squallido vetusto gioco dei partiti e dei loro leader.

Le parole di buonsenso di Giuseppe Conte – preoccupato che i diritti umani vengano rispettati e che il rovinoso e costosissimo fallimento della strategia da “esportatori di democrazia” dell’intero occidente abbiano conseguenze meno gravi possibile – oggi in Italia vengono incredibilmente classificate da alcuni come “vergognose” (con relativa “bufera” social autoprodotta da bestioline urlanti) e stigmatizzate anche da importanti giornali.

IMPARARE DAGLI ERRORI. Il lato davvero surreale è che a puntare il dito siano gli stessi che ci hanno ammorbato per vent’anni la storiella della “missione di pace risolutiva”, che hanno osannato la strategia della democrazia imposta con le armi, che hanno mandato a morire 53 nostri militari (con loro ha perso la vita laggiù anche la bravissima inviata catanese Maria Grazia Cutuli), che hanno insistito a sostenere una delle più sciagurate scelte di tutto il dopoguerra. Nessuna autocritica, nessuno “scusate abbiamo sbagliato”, nessuna ammissione di colpa.

E nemmeno la capacità di accorgersi che in tantissimi, da Borrell appunto fino a Papa Francesco, affermano a gran voce che dopo questo disastro epocale l’unica strada è il dialogo, serrato – come dice Conte – e intransigente. Niente da fare: nel mondo all’incontrario dei partitini italiani e dei commentatori ad essi vicini – micromondo che somiglia sempre più ad un circoletto di amichetti disperati, distanti anni luce dalla realtà – i fatti non hanno più alcun peso e l’unica strategia comune è quella di attaccare a testa bassa, dandosi manforte, chiunque non sia allineato al circoletto stesso.

Giuseppe Conte è per questi ciechi selettivi (le parole di Renzi in elogio al feroce regime saudita gli sono sfuggite? O hanno chiuso gli occhi come al solito?) una bestia nera, un nemico da abbattere, un moloch contro cui scatenarsi. Ma l’avversione di certi personaggi e dei relativi pupazzetti è un riconoscimento – nemmeno tanto paradossale – di un agire politico concreto ed efficace, della capacità di coinvolgere i cittadini ed esserne apprezzato, dell’autentico spessore internazionale di un leader non a caso uscito vincitore, in piena pandemia, dal tavolo che discuteva del Recovery Plan europeo.

Comprendo l’amarezza di Conte per la strumentalizzazione becera delle sue parole (apprezzabile l’asciutto chiarimento che ha voluto offrirci in merito) ma credo ad un tempo che essere nel mirino di Mr. Zero Virgola Matteo Renzi e della sua accolita di rancorosi interna ed esterna al suo ininfluente partitino, sia motivo d’orgoglio e testimonianza di un’efficace azione politica.

Con i talebani Italia ed Europa dovranno indubbiamente instaurare un serrato dialogo, con buona pace di chi viene stipendiato dai sauditi e dei commentatori alle vongole o al cacciucco, che si qualificano da soli, giorno per giorno.

L’autore è eurodeputato M5S