Coronavirus, il grande oculista Stirpe vede lontano: “Ne possiamo uscire. Non esageriamo con l’allarmismo, ce n’è in giro fin troppo”

Non esageriamo con l’allarmismo, ce n’è in giro fin troppo, ma per difendersi efficacemente dal coronavirus è molto utile difendere i nostri occhi e le mucose con pochi facili accorgimenti. A spiegarlo, gettando acqua sul fuoco di una psicosi che sta paralizzando il Paese, è il professore Mario Stirpe, uno degli oculisti italiani più apprezzati nel mondo e presidente dell’Irccs Fondazione Bietti.

Professore, la scienza non ci dà risposte univoche e le persone sono molto spaventate dall’epidemia. Quanto ci dobbiamo allarmare?
“Tutto quello che non conosciamo è naturale che faccia paura, ma sul coronavirus sappiamo già diverse cose. L’indice di mortalità è basso, e con poche eccezioni anche in Italia, colpisce più gli anziani che gli adulti e soprattutto i bambini. Evidentemente questi ultimi hanno una riserva di anticorpi ancora da sviluppare che frena l’insorgere della malattia. Su questa c’è però un aspetto che mi ha da subito incuriosito”.

Quale?
“Non è particolare che il primo medico a rendersi conto dl problema, Li Wenliang, sia stato un oculista?”

In effetti… E’ perché secondo lei un oculista è arrivato al punto prima di un virologo, per esempio?
“Questo non lo so, ma non c’è dubbio che il coronavirus si propaghi per via aerea e attraverso le mucose, come sono quelle degli occhi. Un veicolo formidabile di agenti patogeni, di cui non tutti si rendono conto. Basti pensare a quante volte in modo istintivo ci tocchiamo gli occhi o mettiamo le mani in bocca. Non sempre nelle migliori condizioni igieniche”.

Per proteggere le mucose dovremmo indossare le mascherine con gli occhiali…
“Ma le mascherine servono a chi è malato per non diffondere il virus. Con chi è sano e vuole solo proteggersi non sono efficaci. Molto meglio invece seguire i consigli di buon senso forniti dalle autorità sanitarie, a cominciare dal lavarsi più spesso le mani”.

Lei è stato tanti anni all’Istituto superiore di sanità, e quindi ha concorso ad affrontare l’influenza aviaria e la Sars. Cosa c’è di diverso oggi da allora?
“La paura fu moltissima anche in quelle circostanze, e se ne venne fuori con provvedimenti a tutela della salute molto rigidi e dispendiosi. Ricordo bene le polemiche sull’acquisto di un gran numero di vaccini mentre divampava l’influenza suina, ma il risultato fu di uscirne presto e limitando ben altri danni. Sarà la stessa cosa anche oggi, sempre che non si alimentino all’infinito le preoccupazioni, alimentando il panico e compromettendo fortemente anche le attività economiche”.