Da Roma a Bruxelles, Ursula copia Giorgia: a von der Leyen piace l’intervista senza contraddittorio

Il format imposto dalla Commissione europea ricorda il modello Meloni: niente contraddittorio, solo video o comunicati

Da Roma a Bruxelles, Ursula copia Giorgia: a von der Leyen piace l’intervista senza contraddittorio

Un’intervista senza domande. O meglio, a domande concordate. È quella che Ursula von der Leyen ha concesso ai quotidiani del gruppo Lena (Leading European Newspaper Alliance). Niente confronto, niente rilanci, niente possibilità di incalzare: le redazioni hanno dovuto inviare le domande per iscritto e hanno ricevuto risposte già confezionate. Un format imposto dai servizi della Commissione europea, trasformando il lavoro giornalistico in un esercizio di copia e incolla. Il quotidiano spagnolo El País ha rifiutato di prestarsi, denunciando il metodo, mentre il belga Le Soir ha scelto di rendere pubblico le procedure imposte. Il risultato è un prodotto che somiglia più a un comunicato ufficiale che a un’intervista, con la stampa ridotta a canale distributivo del messaggio politico.

Le interviste scritte e le conferenze rare

Non è un episodio isolato. Le conferenze stampa della Presidente della Commissione Ue sono sempre più rare, dominate da formule preparate dai consiglieri e recitate a memoria. Quando c’è da affrontare la stampa libera, Ursula von der Leyen appare a disagio. Quando invece incontra i grandi editori, lontano dagli occhi del pubblico, la disponibilità cambia. Mercoledì scorso ha ricevuto a Bruxelles i dirigenti del gruppo Lena per discutere di intelligenza artificiale e fake news, in un incontro che non è stato nemmeno registrato nell’agenda ufficiale della Commissione. Anche l’Associazione della stampa internazionale di Bruxelles ha formalizzato a luglio una protesta contro il Berlaymont, parlando di «violazioni dell’accordo» sull’accesso alle informazioni.

La gestione selettiva dell’informazione ha già avuto riscontri giudiziari. Lo scorso maggio il Tribunale dell’Unione europea ha annullato la decisione della Commissione di negare l’accesso ai messaggi tra von der Leyen e l’amministratore delegato di Pfizer, giudicando inaccettabile la spiegazione secondo cui gli sms non sarebbero reperibili. Un colpo alla credibilità di una presidenza già accusata di scarsa trasparenza.

Il parallelo con l’Italia

Il format senza contraddittorio richiama un modello sperimentato da Giorgia Meloni in Italia. Le conferenze stampa della premier sono sempre meno frequenti, sostituite da video autoprodotti e spazi amichevoli. Un fact-checking di Pagella Politica ha mostrato che nel 2024, su dieci dichiarazioni ufficiali, solo in due occasioni Meloni ha accettato domande dei giornalisti. Emblematico anche l’episodio della Casa Bianca, quando in un fuori onda Meloni disse di «non voler mai parlare con la stampa italiana». Lo schema è lo stesso: sterilizzare le domande, ridurre i rischi del contraddittorio, preferire messaggi unidirezionali.

In entrambi i casi, il potere sceglie di comunicare senza mediazioni scomode, limitando il ruolo dei cronisti e selezionando accuratamente i contesti. La differenza è che in Europa la presidente della Commissione rappresenta tutti i cittadini dell’Unione, ed è chiamata a un livello di accountability che mal si concilia con interviste senza giornalisti e incontri fuori agenda.

Libertà di stampa a rischio

Le organizzazioni per la libertà di stampa hanno già lanciato l’allarme. Nel 2024 il rapporto dell’European Broadcasting Union segnalava la tendenza crescente dei leader politici a trasformare le interviste in messaggi blindati, mentre l’European Centre for Press and Media Freedom denunciava la normalizzazione di comunicazioni verticalizzate. Il rischio è che questa pratica diventi la regola: conferenze stampa ridotte, accesso alla Presidente concesso solo ai grandi editori, incontri non tracciati ufficialmente, interviste trasformate in semplici trasmissioni di comunicati.

In un momento in cui l’Unione europea affronta crisi economiche, conflitti alle porte e tensioni interne, la scelta di limitare la trasparenza e il confronto diretto con i giornalisti mostra un segnale preciso: il potere preferisce la sicurezza della comunicazione controllata al rischio delle domande. Per la democrazia europea, è un prezzo che rischia di diventare troppo alto.