“Ao, noi siamo ignoranti, siamo nullatenenti, semo zingari”. Il refrain dei Casamonica è sempre lo stesso. Un refrain che nasconde un impero criminale gigantesco, incredibilmente sconosciuto fino a pochi anni fa. Oggi, invece, non fanno quasi più notizia le inchieste che toccano gli interessi e il business della famiglia sinti che ha conquistato la città di Roma. Eppure su di loro si sa ancora poco. Non si conosce la storia della famiglia, non si conosce il ruolo che ha giocato Vittorio Casamonica, lo stesso “re” cui è stato dedicato il terribilmente celebre funerale con elicotteri, petali di rose e carrozza coi cavalli; non si conoscono le storie dei suoi discendenti, boss spietati e criminali, che sono riusciti a mettere su un vero e proprio esercito, con “sudditi” al servizio.
Un mondo inquietante e sconosciuto, analizzato e ricostruito mirabilmente dal giornalista Nello Trocchia. Il suo Casamonica (Utet), però, non è semplicemente un’inchiesta. Si spinge oltre. Trocchia ricostruisce dettagliatamente anche le ragioni per cui i Casamonica sono diventati i Casamonica. Lo fa con le parole e il coraggio di chi conosce a fondo le dinamiche mafiose, squarciando un velo che mette anche le istituzioni davanti alle proprie responsabilità. Il clan ha acquistato potere anche e soprattutto a cusa dell’assenza dello Stato che ha preferito derubricare il fenomeno a microcriminalità, a “zingari nullatenenti”, facendo in questo il gioco degli stessi criminali.
E così, racconta Trocchia, il clan è cresciuto, si è esteso in una rete incredibile che l’autore riesce a ricostruire nelle sue dinamiche e nelle sue evoluzioni, tracciando il ritratto dei capifamiglia, ma anche delle donne, perché “gli uomini comandano certo, ma tra le donne c’è chi ha guadagnato sul campo i galloni del comando, le spillette sul petto”. Perché spesso sono loro che, quando il boss è in carcere, guidano il narcotraffico, fanno affari, partecipano agli incontri.
Già, gli incontri, altro tratto distintivo: i Casamonica, per quanto organizzazione chiusa e legata da una ritualità intrafamiliare, guardano con rispetto ad altri clan. Soprattutto alla camorra, tanto da copiarne la passione per i canti neomelodici e gli eventi frastornanti. Una componente a tratti pittoresca. Dietro cui, però, ci sono violenze, ricatti e droga. Trocchia accompagna il lettore in questo mondo sconosciuto, in cui anche la lingua dei boss non è volutamente accessibile. Un lavoro pregevole. L’ennesimo del giornalista. Che guarda, osserva, scava. E mostra con coraggio.