Così stiamo diventando il Paese più iniquo di sempre

Delle tante riforme promesse non c’è più traccia. Mentre molte conquiste sociali sono a rischio.

Così stiamo diventando il Paese più iniquo di sempre

Immaginare che qualcuno ce l’abbia con noi e che agisca per metterci i bastoni tra le ruote è una tecnica che quasi tutti abbiamo utilizzato prima di comprendere il valore individuale e sociale del concetto di responsabilità. Questo essenziale passaggio alla maturità non deve essere stato evidentemente ancora compiuto dall’attuale esecutivo che si è richiamato al “complotto” per nascondere le proprie incapacità nel governare il Paese. Insomma, anziché rivedere la propria azione è stato più facile individuare un nemico – che sia la Germania, o i “soli noti” delle opposizioni, poco cambia.

Delle tante riforme promesse non c’è più traccia. Mentre molte conquiste sociali sono a rischio

Così arriviamo alla Nadef appena presentata, che fotografa insieme alle risicate risorse disponibili anche la necessità di fare debito per approvare qualcuna delle tante misure promesse in campagna elettorali; misure che comunque si riveleranno con tutta probabilità inutili a rispondere alle esigenze degli italiani, perché mancanti di visione e coraggio. Il taglio del cuneo fiscale, che nelle mirabolanti promesse del governo doveva diventare strutturale, è prorogato ancora una volta solo per dodici mesi e non è accomunato da misure che scongiurino la precarietà e la povertà del lavoro.

Restiamo tutti in fiduciosa attesa del parere del Cnel sul salario minimo. Parere che sembra stia traducendosi in questi lunghi mesi in un escamotage per evitare sul tema un confronto di merito tra il Parlamento e le parti sociali. Così come appaiono di minima efficacia le basi della riforma fiscale, anch’essa contenute nella Nadef, che vedono lo scaglione Irpef del 25% estendersi dai 18.000 ai 25.000 euro di reddito, senza toccare minimamente i redditi più bassi che invece andrebbero maggiormente salvaguardatati.

C’è poi il tasto ancora più dolente della sanità. Il definanziamento di questi anni trova una ulteriore flessione nelle previsioni di spesa per il 2024 che lo condurrebbero a un misero 6.2%. Ma, attenzione: il governo cerca di edulcorare questo amarissimo boccone con una detassazione del 15% degli straordinari del personale medico, la cui professione – come attesta il crescente fenomeno dei “gettonisti” risulta essere sempre meno attrattiva per la scarsa retribuzione e le strutture che non consentono di adempiere al meglio le proprie funzioni. Pannicelli caldi che vengono venduti ai cittadini come misure migliorative, condite qua e là da qualche bonus come card (“Dedicata a te”), carrello tricolore e bonus benzina.

Dopo anni di propaganda le reali intenzioni del governo ora sono nero su bianco

Certo, il meglio è nemico del bene, ma scaduto il trimestre di aiutini – alcuni dei quali destinati a una ridottissima platea – cosa si fa? Incredibile come tutto questo possa poi coniugarsi con il dichiarato intento di incrementare il tasso di natalità. La decisione di mettere al mondo una vita non può essere certo assunta sulla base di misure spot, ma deve nascere responsabilmente da condizioni di stabilità che consentano di garantire dignità alla vita del nascituro.

Una fotografia desolante che porta la Meloni e il suo governo a twittare sulla pesca di Esselunga (incubo nel dibattito pubblico che ricorre ormai da giorni), sul pericolo delle ong (il cui rilevante apporto umanitario resta residuale in termini di spinta all’immigrazione) o, da ultimo, sulla magistratura che elabora sentenze ad hoc per depotenziare l’esecutivo stesso. Insomma, tutto fa brodo pur di distogliere l’attenzione dall’incapacità di risolvere i reali problemi che lacerano l’Italia.