Crei occupazione? Puoi morire. Un industriale si suicida e un orafo fa una strage. Alla solitudine di chi crea lavoro in tempi di crisi non pensa nessuno

Crei occupazione? Puoi morire. Un industriale si suicida e un orafo fa una strage prima di ammazzarsi. Ma alla solitudine di chi crea lavoro in tempi di crisi non pensa nessuno

Il suicidio di un piccolo industriale e di un orafo ieri non sono casi isolati di imprenditori che arrivano a farla finita, schiacciati dalla crisi e da un ambiente circostante che non ha capito la loro frustrazione e il sacrificio. Situazioni che nel generale silenzio, anche da parte dei canali d’informazione, è diffusa e crescente nel nostro Paese. Di questo sono pochi a farsi carico, con allarmi apparentemente poco significativi di fronte all’immensa platea dei poveri, ma in realtà con argomentazioni forti e concrete. Tra queste sentinelle di un disagio così profondo c’è la Cna, la maggiore associazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media imprese. Non un caso, visto che si tratta di una confederazione che ha sotto mano come nessuno il polso “pulsante” del Paese. “Una piccola impresa – ha detto di recente il presidente di questa organizzazione, Daniele Vaccarino – non è solo un’impresa piccola. È un microcosmo dove il lavoro e le persone, l’attività e la famiglia si mescolano fino a diventare un tutt’uno. E dove il fallimento nel lavoro può, talvolta, coincidere con il fallimento di una vita intera. Decenni di impegno quotidiano finiti in un vortice buio. Da qui la vergogna per la sconfitta, anche solo a parlarne con i familiari, la sensazione di sentirsi soli, di essere arrivati al capolinea. Ecco il perché di tante tragedie che negli anni della crisi hanno avuto come protagonisti artigiani e piccoli imprenditori”. Per chi non ha il coraggio (o l’onestà) di guardare ai fenomeni economici e sociali nella loro interezza, per cui i poveri che soffrono sono un problema della collettività mentre un imprenditore che arriva a suicidarsi è al massimo un problema dei familiari, quanto denunciato da Vaccarino importa poco. Ma la situazione è molto più estesa e grave di quanto non si creda, come emerso in diversi convegni dal tema “Vite travolte – Il dramma degli imprenditori nel tempo della crisi economica” organizzati in giro per l’Italia proprio dalla Cna.

C’è tanto da fare – “L’artigiano e il piccolo imprenditore – ha spiegato meglio Vaccarino – spesso preferiscono pagare i collaboratori o chiudere un lavoro in tempo al posto di un adempimento burocratico. Noi piccoli siamo più bravi a lavorare che a stare dietro alle carte. Siamo concentrati sul lavoro, qualcuno dice troppo. E quando il piccolo imprenditore (perché non lo hanno pagato – e molte volte il debitore è la Pubblica amministrazione – o perché ha sbagliato un preventivo o perché ha ritardato un versamento) si accorge  che la situazione è deteriorata, ebbene per qualcuno è troppo tardi. In realtà, gli imprenditori dovrebbero sapere che non sono soli. C’è il volontariato, ci sono soprattutto le associazioni, su cui si può contare”.

“Noi della Cna siamo sempre e in qualsiasi momento disponibili. Abbiamo – ha aggiunto – le nostre sedi, dove si trovano funzionari e colleghi pronti a tendere la mano, di fronte ai quali non ci si deve vergognare. Lo hanno provato in tanti e sono stati aiutati a rimettersi in piedi. E come associazione siamo riusciti a ottenere importanti vittorie su vari fronti, vittorie che, se non risolvono tutte le situazioni critiche, contribuiscono ad alleviarle. Mi riferisco agli accordi per il credito: la sospensione dei debiti, l’allungamento dei tempi di rimborso dei finanziamenti, il sostegno alle imprese che presentano una temporanea tensione finanziaria. Mi riferisco alle modifiche alla Legge fallimentare, mirate a rendere la nostra legislazione meno rigida di fronte a insuccessi imprenditoriali non per colpa”.