Crollano le nascite insieme alla retorica: il governo Meloni ha perso la battaglia demografica

Il calo record della natalità smonta la retorica del governo Meloni: incentivi insufficienti non fermano il crollo demografico

Crollano le nascite insieme alla retorica: il governo Meloni ha perso la battaglia demografica

In Italia nel 2024 sono nati 369.944 bambini: quasi diecimila in meno rispetto al 2023, secondo l’ultimo report sulla natalità diffuso dall’Istat. Nei primi sette mesi del 2025 il crollo accelera: 13mila nati in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, pari a un -6,3 per cento. La fecondità media per donna si ferma a 1,18 nel 2024 e scende a una stima provvisoria di 1,13 nel 2025, il livello più basso della storia repubblicana. Dal 2008, quando erano oltre 576mila, abbiamo perso 207mila nascite: un -35,8 per cento che fotografa una crisi strutturale, non un incidente statistico.

La riduzione riguarda soprattutto i figli di genitori entrambi italiani (78,2 per cento del totale), mentre la componente straniera, pur in calo, frena la caduta. Ma anche le donne straniere hanno ridotto sensibilmente la fecondità, passando da 2,31 figli per donna nel 2010 a 1,79 nel 2024. Non si tratta di un improvviso rifiuto della genitorialità, ma dell’effetto combinato di precarietà lavorativa, salari bassi, costo dell’abitare e prolungamento dell’ingresso nell’età adulta indipendente.

Una crisi generazionale e territoriale

Il calo dipende dal crollo delle generazioni nate dagli anni Settanta, dalla precarietà del lavoro giovanile e dall’età sempre più avanzata in cui si diventa genitori: 32 anni per il primo figlio, tre in più rispetto al 1995. Le difficoltà a passare dal primo al secondo figlio si confermano nei numeri: i primogeniti calano del 2,7 per cento, i secondi del 2,9. Il rinvio della maternità e della paternità restringe lo spazio biologico disponibile e consolida la scelta di restare senza figli o di fermarsi al primo.

Le differenze territoriali aggravano il quadro: nel 2025 Abruzzo e Sardegna perdono oltre il 10 per cento delle nascite, mentre solo Valle d’Aosta (+5,5), Bolzano (+1,9) e Trento (+0,6) segnano un lieve aumento. Il crollo è più intenso nel Mezzogiorno e nel Centro, con un Nord in rallentamento ma non in inversione. Non è un caso che nelle aree con tassi occupazionali femminili più bassi la denatalità sia più rapida: senza autonomia economica non si costruiscono famiglie. Anche le coppie straniere, che in passato garantivano una tenuta demografica, iniziano a seguire le stesse dinamiche di rinuncia delle coppie italiane.

Dalla propaganda alla realtà: le misure non sostengono la scelta di avere figli

Il governo Meloni ha costruito la propria narrazione sulla “battaglia demografica”, promettendo un’“Italia che torna a generare futuro”. Ha potenziato l’Assegno Unico senza adeguarlo al costo reale di un figlio, introdotto un bonus per le madri lavoratrici che però esclude disoccupate e precarie, annunciato un quoziente familiare mai realizzato e concesso fringe benefit legati al reddito, favorendo famiglie con lavori stabili. La politica fiscale premia chi ha già un reddito sicuro, ignorando la questione di chi un reddito non ce l’ha o vive di contratti intermittenti. L’assenza di una riforma dei congedi parentali, la mancata gratuità universale degli asili nido e l’assenza di una strategia per il caro affitti lasciano intatti i fattori che scoraggiano la genitorialità.

La narrazione della “difesa della natalità italiana” collide con la realtà di un Paese che taglia il welfare e spera nei figli dei migranti per mantenere il sistema previdenziale. La stessa componente straniera, un tempo considerata bacino fertile, ora risente della stessa precarietà economica che investe le famiglie italiane. Le condizioni sociali in cui si progetta un futuro sono peggiorate, mentre il governo si limita a organizzare convegni e invocare “un ritorno al coraggio di costruire una famiglia”, trasferendo la responsabilità della crisi sulle scelte individuali.

La fotografia dell’Istat è inequivocabile: in un Paese che parla di natalità mentre rende più difficile l’autonomia dei giovani, la genitorialità si trasforma in un rischio, non in una possibilità. Le culle non si svuotano per mancanza di valori, ma per mancanza di condizioni materiali. E davanti alla curva delle nascite che continua a precipitare, la retorica non genera nuovi figli. Solo nuove contraddizioni.