Crollo A14, Autostrade ci ricasca: diciotto indagati dopo la tragedia. Nel tratto stradale erano in corso alcune riparazioni: il cedimento del 2017 causò la morte di una coppia

Dopo due anni, inizia a farsi strada una verità sul crollo del ponte dell’A14. Questo almeno quello che emerge dalla procura di Ancona che ieri ha chiesto il rinvio a giudizio per diciotto persone, tra dirigenti e tecnici, e per i rappresentanti di quattro imprese ritenute responsabili, ognuna a seconda della propria posizione, della spaventosa tragedia del marzo 2017 in cui perse la vita una giovane coppia di Piceno e rimasero feriti tre operai. A finire nei guai sono così Autostrade per l’Italia (Aspi), la committente dei lavori di ristrutturazione Spea Engeneering, la Pavimental che si era aggiudicata l’appalto e, in ultimo, la Delabech alla quale i lavori furono subappaltati. Nello specifico, per quanto riguarda la società legata alla famiglia trevigiana dei Benetton, a rischiare di finire sotto processo sono i due ingegneri romani, Giovanni Scotto Lavina, a cui è stato contestato di aver omesso di verificare l’idoneità del piano di sicurezza, e Guido Santini. Sempre per Autostrade per l’Italia il rinvio a giudizio è stato chiesto anche nei confronti di Sergio Paglione, originario di Campobasso, nel suo ruolo di responsabile del procedimento e dei lavori fino al 2014. Pesantissime le contestazioni che il pubblico ministero Irene Bilotta, come si legge nel capo d’imputazione, muove nei confronti degli indagati. A tutti loro, a seconda delle posizioni, oltre ai reati già ipotizzati durante le indagini, ossia il crollo colposo, l’omicidio colposo e la violazione delle norme sulla sicurezza del luogo di lavoro, da ieri si è aggiunto anche quello di omicidio stradale. Il destino giudiziario di tutti loro dipenderà dal gup, Francesca De Palma, nell’udienza già calendarizzata per il prossimo 9 dicembre.

COLLASSO IMPROVVISO. Il caso, destinato a riaccendere furibonde polemiche sulla sicurezza stradale, risale al 9 marzo 2017 quando sul cavalcavia erano in corso alcuni lavori di ristrutturazione. In particolare sul ponte lungo il tratto marchigiano dell’A14, alle porte di Ancona, era in corso una manovra di innalzamento della struttura. Un’operazione non inusuale ma che quel giorno andò nel peggiore dei modi. Infatti, all’improvviso, l’impalcato obliquo precipitò di schianto sulla sede stradale e con esso il ponte 167, tra i caselli di Ancona sud e Loreto. Per un triste scherzo del destino, proprio in quei terribili attimi stava sopraggiungendo l’auto della coppia di Piceno, Emidio Diomede e Antonella Viviani, entrambi morti sul colpo. Una tragedia da cui presero il via due filoni d’inchiesta, entrambi coordinati dal magistrato Bilotta. Uno di questi mirava a stabilire le cause del terrificante crollo, che secondo la perizia tecnica sarebbe stato innescato dal cedimento di un pilastro appoggiato alla vecchia base del ponte e che sosteneva un martinetto che sollevava il cavalcavia. L’altro, invece, puntava a verificare se, per quel tipo di operazione complessa, fossero stati applicati e rispettati tutti gli standard di sicurezza, e se fosse stata valutata l’opportunità di chiudere al transito dei veicoli quel tratto di autostrada mentre si svolgevano i lavori.

TORNANO LE POLEMICHE. Quel che è certo è che questo non è un buon momento per la società Autostrade per l’Italia. L’azienda controllata dalla famiglia Benetton, infatti, è la stessa coinvolta nel terribile crollo del ponte Morandi di Genova di un anno fa. Un caso, ancora in fase d’indagine e che promette novità, che aveva acceso un faro sul tema delle concessioni autostradali con la richiesta di revoca targata Movimento 5 stelle che, però, con la crisi di governo è stato messo in naftalina.