Si riapre il caso Cucchi. Alla morte naturale non ci crede proprio nessuno. Spunta il primo carabiniere indagato. Forti sospetti su altri due

Finalmente cominciano ad aprirsi spiragli di luce e verità in una delle vicende più oscure degli ultimi anni che ha visto protagoniste le forze dell’ordine. Ma non nel ruolo di conservatori dell’ordine pubblico, bensì in quello di carnefici. Secondo quanto rivelato ieri da Il Corriere della Sera, infatti, tre carabinieri sarebbero sotto inchiesta per la morte di Stefano Cucchi. D’altronde erano stati i giudici della Corte di Appello di Roma, nemmeno un mese fa, a specificare che il giovane geometra romano “fu percosso”, invitando a “indagare sui carabinieri”. Le motivazioni della sentenza che nell’ottobre scorso ha assolto agenti penitenziari, medici e infermieri imputati per la morte del giovane detenuto affermano infatti che “non si è trattato solo di una congettura” e che la violenza sia stata perpetrata dai militari dell’Arma che lo arrestarono.

AGENTI NEL MIRINO

Detto fatto. Dopo il secondo esposto presentato dalla sorella di Stefano, Ilaria Cucchi, l’inchiesta affidata al pm Giovanni Musarò ha portato ai primi tre agenti iscritti nel registro degli indagati. Il primo è l’ex vicecomandante della stazione di Tor Sapienza (lì era stato portato Stefano la notte del 15 ottobre 2009 dopo l’arresto per droga), Roberto Mandolini, indagato – per quanto appurato sino ad ora –  per falsa testimonianza. La deposizione del maresciallo al processo d’appello contro medici e agenti della polizia penitenziaria, infatti, è risultata in conflitto con i fatti accertati dai pm. Mandolini sarebbe caduto, secondo la ricostruzione del Corriere, in contraddizione sulla propria partecipazione alle perquisizioni domiciliari eseguite nei confronti di Cucchi, spiegando – senza convincere – le ragioni del mancato fotosegnalamento. Ed è proprio dal chiarimento di questo passaggio che bisognerà partire per provare ad accertare la verità. Non solo. Ci sarebbero poi anche altri due militari sui quali la procura capitolina guidata dal procuratore Giuseppe Pignatone vuole vederci chiaro. Parliamo, secondo quanto risulta, di Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, che rischiano l’iscrizione nel registro degli indagati proprio per lesioni colpose.

VICINI ALLA VERITÀ

Il primo commento positivo è arrivato proprio da Ilaria Cucchi, che da sempre si batte affinché la sua famiglia ottenga giustizia: “In questi anni non ci siamo mai fermati, né io né il mio avvocato. Incontreremo lunedì il procuratore capo. Questa è la prima delle novità che ci saranno sul caso della morte di mio fratello. Io l’avevo detto: non era finita”. Ma ad intervenire anche il senatore Pd Luigi Manconi, presidente della commissione Diritti umani a palazzo Madama: “Già nella sentenza d’appello veniva censurata la mancanza di indagini nei confronti dei militari che hanno trattenuto Stefano Cucchi, in ben due caserme romane, la notte dell’arresto. Non va dimenticato che, nelle due sentenze finora emesse, pur in assenza di una precisa identificazione dei responsabili è stato affermato inequivocabilmente che Stefano Cucchi, mentre si trovava privato della libertà, è stato sottoposto a violenze e abusi”.