Se ne parlava da decenni ma ora la notizia è ufficiale: la cucina italiana entra nella Lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’UNESCO. Si tratta di una conquista che va ben oltre il gusto e gli stereotipi gastronomici per i quali siamo famosi nel mondo. E non si tratta nemmeno di un singolo piatto o di una ricetta regionale che ricevono questo prestigioso premio, ma del riconoscimento di un intero modus vivendi culinario fatto di tradizioni, convivialità, stagionalità e pratiche comunitarie che si trasmettono di generazione in generazione.
Un vero e proprio patrimonio dell’umanità da tutelare, preservare e diffondere, che non può che far felice il popolo italiano.
Perché l’UNESCO ha riconosciuto la cucina italiana?
Il premio alla cucina italiana, perché di questo si tratta, arriva dopo un lungo e articolato iter. Quel che è certo è che il processo è entrato nel vivo con la delibera del XX Comitato Intergovernativo per la salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale, riunito a Nuova Delhi, l’UNESCO ha iscritto la candidatura italiana “Italian cooking, between sustainability and biocultural diversity” nella sua lista ufficiale. Come già affermato, a fare la differenza non è stato un piatto singolo (come già accaduto con altre cucine internazionali), ma l’insieme di pratiche culinarie, rituali sociali e saperi locali che costituiscono l’identità del “mangiare sano” tanto in voga in Italia.
Proprio nel testo della candidatura si legge, infatti, come la cucina italiana sia un’esperienza sociale che favorisce inclusione, benessere, senso di appartenenza e condivisione, e in cui la preparazione dei cibi diventa un modo per preservare radici culturali e legami comunitari. Una tradizione che viene tramandata di generazione in generazione.
Sorride il turismo enogastronomico
Quel che è certo è che il riconoscimento dell’UNESCO non è soltanto un simbolo di prestigio culturale, ma può tradursi in una forte attrazione turistica. Del resto gli esperti di viaggi sottolineano – ormai da tempo – che i turisti di tutto il mondo sono sempre più interessati a esperienze autentiche e profonde visto che non si accontentano più di vedere un monumento, ma vogliono assaggiare, capire e “vivere” le esperienze – anche culinarie – del Paese che visitano.
Questa tendenza al food tourism – ovvero il turismo enogastronomico – si integra perfettamente con il nuovo status UNESCO. Da qui alla prossima stagione turistica, è facile aspettarsi che molte destinazioni, incluse quelle non di punta, potrebbero vedere un cospicuo aumento delle visite. Facile immaginare che i mercati cittadini e paesani, i corsi di cucina italiana, le passeggiate nei vigneti e i percorsi di sapori regionali possano diventare un’attrazioni di punta per chi decide di venire a visitare l’Italia.
Cosa cambia per i ristoranti italiani?
Com’è facilmente intuibile, a esultare sono anche i ristoratori, soprattutto quelli tradizionali e a conduzione familiare. Questo perché il “premio alla cucina italiana” aumenta il prestigio delle nostre tradizioni ed è facile immaginare che aumenterà l’interesse dei clienti stranieri che cercano esperienze genuine, darà maggiore visibilità ai locali che valorizzano le pratiche tradizionali e, in ultimo, rafforzerà l’immagine di qualità e autenticità delle osterie, trattorie e ristoranti del territorio, che sono il fiore all’occhiello della nostra storia culinaria.
Proprio per questo non sorprende il fatto che chef e operatori della ristorazione hanno accolto la notizia con entusiasmo, parlando di un’occasione per promuovere l’eccellenza culinaria italiana nel mondo. Alcuni di loro sottolineano però anche l’importanza di mantenere autenticità e non trasformare tutto in prodotto turistico standardizzato. E proprio questa, infatti, è la vera sfida ossia preservare le identità locali senza snaturarle per il mercato.
Prodotti tipici e tutela internazionale
Ma non è tutto. Un altro elemento significativo del riconoscimento riguarda i prodotti tipici italiani. Sebbene il riconoscimento UNESCO non abbia automaticamente valore legale, può fornire un argomento in più a favore della tutela delle denominazioni di origine e dei processi produttivi tradizionali. Questo è particolarmente utile nella lotta contro l’“Italian-sounding”, ovvero quei prodotti etichettati come “italiani” ma che non hanno nulla a che fare con l’origine o la qualità italiana.
Un simile impulso può rafforzare politiche di protezione di formaggi, vini, salumi e altri beni agroalimentari nei mercati internazionali, agendo come leva per rafforzare il Made in Italy autentico nel mondo.
Quali cambiamenti concreti aspettarsi da qui ai prossimi mesi?
Malgrado il riconoscimento sia appena arrivato, per alcuni settori è certo che i conseguenti effetti si vedranno molto presto:
Turismo:
Con l’eco internazionale del riconoscimento Unesco è facile immaginare che gli operatori turistici amplieranno la propria offerta, promuovendo nuovi pacchetti di viaggio dedicati al food & wine e itinerari gastronomici tematici. Si tratta di una vera e propria occasione che potrebbe portare anche a un aumento delle prenotazioni nelle regioni meno conosciute, ma ricche di tradizioni culinarie.
Ristorazione:
Con un propbabile aumento dei turisti e l’inevitabile curiosità per scoprire l’eccellenza culinaria italiana, è facile capire come i consumatori preferiranno rivolgersi ai locali artigianali con menu basati sulle tradizioni, favorendo una domanda di qualità e storia nei piatti, anziché servirsi nelle grandi catene, spesso estere.
Prodotti tipici:
Altrettanto impattante sarà la questione delle certificazioni di origine, marchi collettivi e iniziative di tutela che valorizzano le produzioni locali, che potrebbero ricevere ulteriore impulso proprio dal prezioso riconoscimento.
Quali sono i miti da sfatare?
Contrariamente a quanto si creda, non tutto ciò che è “patrimonio UNESCO” si traduce automaticamente in una ricaduta economica immediata. Come questo riconoscimento non è esente da voci critiche. Alcuni, infatti, sottolineano che il riconoscimento può essere soprattutto simbolico e che, senza politiche di supporto adeguate da parte del governo, rischia di rimanere un mero riconoscimento “sulla carta”. Inoltre, l’UNESCO non concede tutele legali dirette ai prodotti o alle ricette, dunque la protezione contro falsificazioni e imitazioni dipenderà da accordi commerciali e normative specifiche nei singoli paesi.