Cutolo si può curare anche in carcere. Negati i domiciliari al fondatore della Nco. Per i giudici di Sorveglianza il boss ha mantenuto pienamente il carisma ed è ancora un simbolo per i gruppi criminali

“Si può ritenere che la presenza di Raffaele Cutolo potrebbe rafforzare i gruppi criminali che si rifanno tuttora alla Nco, gruppi rispetto ai quali Cutolo ha mantenuto pienamente il carisma”. E’ quanto scrivono i giudici del tribunale di Sorveglianza di Bologna respingendo il ricorso presentato dalla difesa del fondatore della Nuova Camorra organizzata. Gli avvocati di Cutolo, oggi 78enne, da tempo detenuto al 41 bis nel carcere di Parma, avevano chiesto il rinvio dell’esecuzione della pena, con detenzione domiciliare, per motivi di salute. Cutolo, scrivono i giudici motivando respingendo il ricorso dei suoi legali, “nonostante l’età e la perdurante detenzione rappresenta un ‘simbolo’ per tutti quei gruppi criminali” che continuano “a richiamarsi al suo nome”.

Le condizioni di salute del boss sono dunque compatibili con la detenzione carceraria e non c’è, per lui, alcun rischio di contrarre il Coronavirus essendo di fatto già in isolamento. “Le patologie di cui è portatore Raffaele Cutolo – scrive il tribunale di Sorveglianza – appaiono allo stato trattabili adeguatamente anche in ambiente carcerario”. Per il collegio, presieduto dal giudice Antonietta Fiorillo, dalla documentazione sanitaria analizzata si può affermare che la detenzione del boss non si svolge “con quella quota di afflittività ulteriore tale da comportare una sofferenza che eccede il livello che, inevitabilmente, deriva dalla legittima esecuzione della pena”.