Da Bankitalia alla politica. Che flop i banchieri al Governo. Ciampi & Company: tutti salvatori della patria. Ma i loro Esecutivi non hanno mai risolto i problemi

Da Bankitalia alla politica. Che flop i banchieri al Governo. Ciampi & Company: tutti salvatori della patria. Ma i loro Esecutivi non hanno mai risolto i problemi

Ciampi, Dini e infine Draghi. Sono tanti gli uomini che, dopo essere stati ai vertici di Bankitalia, nelle situazioni di crisi sono stati chiamati dal Colle a risollevare le sorti del Paese. Acclamati sempre come uomini della provvidenza, gli unici in grado di evitare che l’Italia cadesse nel baratro e di farla ripartire su solide basi, ma di quelle rivoluzioni non si è poi mai vista traccia. E quando la politica è tornata a doversi prendere le proprie responsabilità e a trovare soluzioni la strada è stata tutta in salita, con tanti cocci e pochi pezzi pregiati da salvare. Non è la prima volta e sicuramente non sarà l’ultima infatti che, in momenti particolari per la vita del Paese, il Presidente della Repubblica si rivolge a un ex governatore o a un ex dirigente della Banca d’Italia per formare un governo.

I PRECEDENTI. Palazzo Koch è stato spesso considerato una soluzione, per trovare un presidente del consiglio e ancor più spesso ministri a cui affidare soprattutto i dicasteri economici, oltre che per scegliere lo stesso capo dello Stato. Passaggi analizzati dalla fondazione Openpolis, partendo dalla nascita della Repubblica per arrivare a Supermario. Considerando poi che Draghi, oltre che l’esperienza in Bankitalia, può vantare nel suo curriculum la presidenza della Banca centrale europea in uno dei momenti più delicati per l’euro, Sergio Mattarella non deve aver avuto dubbi su chi convocare per trovare una via d’uscita alla crisi nel pieno della pandemia e della crisi economica.

Il primo a diventare premier dopo essere stato al timone di Palazzo Koch è stato Carlo Azeglio Ciampi nel 1993. A lui, con il crollo della cosiddetta prima Repubblica e nel pieno della stagione stragista avviata da Cosa Nostra, si rivolse Oscar Luigi Scalfaro. E sempre Scalfaro, due anni dopo, si affidò a Lamberto Dini, che non era stato governatore della Banca d’Italia, ma direttore generale e in precedenza era stato anche scelto come ministro dell’economia nel primo Governo Berlusconi.

Esperienze che non hanno portato poi grande fortuna a Dini, il quale invano cercò spazio con un suo partito, mentre hanno condotto Ciampi direttamente al Colle. A capo dello Stato, del resto, c’era già stato un altro ex governatore, Luigi Einaudi, il primo tra l’altro ad essere eletto dopo l’entrata in vigore della Costituzione. Numerosi poi i ministri scelti dopo una lunga e prestigiosa carriera in Bankitalia.

LE RISERVE DI PALAZZO KOCH. Ministro era stato lo stesso Ciampi, ma a capo di un dicastero è stato scelto anche l’ex governatore Guido Carli, prima con il governo di Adone Zoli nel 1957 e poi, nel 1991 e nel 1992, con il sesto e il settimo governo di Giulio Andreotti. Tra i direttori generale di via Nazionale diventati ministri, oltre a Dini, ci sono poi Rinaldo Ossola, nel terzo e nel quarto governo Andreotti, nel 1978 e nel 1979, e Fabrizio Saccomanni, nel governo di Enrico Letta nel 2013. Due infine anche i vice direttori passati alla guida di un Ministero: Mario Sarcinelli nel quarto governo di Amintore Fanfani, nel 1978, e Tommaso Padoa-Schioppa, nel secondo governo di Romano Prodi, nel 2008.

Tante le aspettative. Sia negli uomini di Palazzo Koch al vertice di Palazzo Chigi che per quelli nei Ministeri. “Nessuno può far meglio di loro, con simili guide il Paese riuscirà a ripartire. Non si potrebbe fare altrimenti”, veniva ripetuto allora come oggi. Ma di quelle esperienze non è appunto rimasto neppure il ricordo. I grandi cambiamenti sono rimasti nel libro dei sogni infranti. E tale particolare non fa attualmente ben sperare che possa accadere qualcosa di diverso.