Stretta sui tempi delle indagini preliminari, reati perseguibili solo su querela di parte, modifica del reato di abuso d’ufficio, le norme sulle intercettazioni, divieto di pubblicazione degli atti… Sono solo alcune delle “innovazioni” apportate al Codice penale italiano sotto i governi Draghi e Meloni. O, se preferite, le picconate al sistema della giustizia firmate dai due ultimi Guardasigilli, Marta Cartabia e Carlo Nordio. Riforme (ma sarebbe meglio dire, legacci agli inquirenti e ai giornalisti) che hanno un’unica ottica comune: favorire, in nome della presunzione di innocenza, gli imputati (soprattutto se colletti bianchi) e legare le mani agli inquirenti.
I danni della riforma Cartabia
Il depotenziamento delle armi delle procure è iniziato il 30 dicembre 2022 con l’entrata in vigore della Riforma Cartabia, che è intervenuta pesantemente sui tempi dei processi, introducendo la mannaia dell’improcedibilità che scatta in automatico, dopo la sentenza di primo grado (sia in caso di assoluzione che di condanna), se i processi di appello non si concludono entro due anni per i processi d’appello e quelli in Cassazione entro un anno.
Per i reati gravi, come la violenza sessuale, il traffico di droga, l’associazione a delinquere sia semplice che di stampo mafioso, la concussione e la corruzione, la Cartabia ha previsto la proroga di un anno in appello e sei mesi in Cassazione. Ma, superati i termini, non è più possibile procedere nei confronti dell’imputato che la farà franca anche in caso di condanna nei gradi di giudizio precedenti. Una vera manna (per gli imputati) dato l’ingolfamento dei tribunali…
Sforbiciate le indagini preliminari
Anche le indagini preliminari sono state sforbiciate: non possono durare più di sei mesi (reati ordinari) e più di un anno (reati gravi). L’eventuale proroga per entrambe le tipologie di reato, è fino a 18 mesi per i primi e 24 per i secondi. Ma non finisce qui. Tra le storture prodotte dalla riforma della ministra di Draghi, c’è anche l’ampliamento della platea dei reati procedibili solo a querela di parte.
Se prima reati come le lesioni personali lievi, gravi o gravissime o la truffa aggravata erano soggette a procedibilità d’ufficio, ora sono punibili solo nel caso in cui sia presentata querela dalla persona offesa. Altra innovazione by Cartabia è l’introduzione del principio della “ragionevole previsione della condanna”: sia il pm che il Gip devono chiedere l’archiviazione, quando gli elementi acquisiti nelle indagini preliminari non consentono una ragionevole previsione di condanna.
Nordio, una mannaia sulla giustizia
Ma è stato con l’arrivo di Nordio ai piani alti di via Arenula che la giustizia penale italiana è stata ribaltata e depotenziata. Con la riforma n.114 del 9 agosto 2024, in un colpo solo l’ex magistrato amante dello Spritz, ha: abolito l’abuso d’ufficio; modificato il reato di traffico di influenze illecite; imposto una stretta sulle intercettazioni, ristretto il potere di appello del pubblico ministero. E non è tutto. Il guardasigilli ha anche introdotto l’obbligo dell’interrogatorio preventivo prima di disporre una misura cautelare e la decisione collegiale per la custodia.
Via subito l’abuso d’ufficio e ristretto il traffico di influenze
Fiore all’occhiello della sua riforma è stata l’abolizione dell’abuso d’ufficio (“per eliminare la paura della firma”, era il mantra che l’ha accompagnata), ovvero art. 323 C.P. che puniva il pubblico ufficiale che violando consapevolmente leggi, regolamenti o l’obbligo di astensione, cagionava un danno ad altri o si procura un vantaggio patrimoniale.
La riforma ha modificato anche l’art. 346 C.P. restringendo il campo di applicazione del reato di traffico di influenze illecite. Oggi, la mediazione viene ritenuta illecita solo se finalizzata a far compiere un reato a un pubblico ufficiale. Si è cioè eliminata l’ipotesi della “millanteria”.
L’interrogatorio preventivo che aiuta gli indagati
Inoltre, oltre ad aver limitato il diritto di appello per il pm contro le sentenze di assoluzione per reati minori (come piccoli furti o oltraggio), la riforma è pesantemente intervenuta nel campo delle misure cautelari. Essa impone infatti l’obbligo di interrogatorio preventivo del Gip all’indagato (con relativa escussione delle prove in mano alla procura e alla difesa, compreso nomi di denuncianti e testimoni ed eventuali rivelazioni di collaboratori di giustizia), prima di disporre una qualsiasi misura, salvo casi eccezionali legati al pericolo di fuga o inquinamento delle prove.
Prevista poi la cosiddetta “collegialità” per le decisioni relative alla custodia cautelare in carcere o per misure di sicurezza detentive durante le indagini preliminari. In pratica, mentre prima sulla custodia cautelare decideva il solo Gip, ora devono pronunciarsi tre giudici. Una previsione duramente criticata dalla Anm, secondo la quale la collegialità richiesta, a causa della scarsità di magistrati in servizio, “appare di difficile attuazione già nei grandi tribunali e sarà pressoché impossibile da gestire negli uffici medio–piccoli, al netto dell’aumento esponenziale delle ipotesi di incompatibilità”.
La crociata contro le intercettazioni
Menzione a parte merita la riforma Nordio delle intercettazioni che, in nome della “tutela del terzo estraneo”, vieta di riportare negli atti le conversazioni e i dati relativi a soggetti non coinvolti dalle indagini, se non considerati rilevanti per il procedimento. Inoltre, nella richiesta di misura cautelare del pm e nell’ordinanza del giudice non possono essere indicati i dati personali dei soggetti diversi dalle parti, salvo che ciò sia considerato indispensabile per l’esposizione degli elementi rilevanti. Tocca quindi al giudice stralciare le intercettazioni che contengono dati relativi a soggetti diversi dalle parti, laddove non essenziali.
La legge bavaglio contro la stampa
Evidentemente non soddisfatta, la maggioranza di centrodestra a dicembre 2024 è re-intervenuta sul tema intercettazioni con la legge “bavaglio” voluta dal parlamentare Enrico Costa. La norma vieta ai giornali la pubblicazione “ordinanze che applicano misure cautelari personali“, come la custodia cautelare in carcere e gli arresti domiciliari, ma anche misure minori come obbligo o divieto di dimora, l’interdizione o l’obbligo di firma (tutti atti non coperti da segreto investigativo, essendo a conoscenza di indagati e loro difensori). Un divieto che resta valido fino a fine udienza preliminare o, se non prevista, fino a fine indagini preliminari. Paradossalmente è permesso il riassunto del “contenuto” dell’ordinanza, una possibilità che espone gli indagati a possibilità di errore sui fatti e i giornalisti a querele per diffamazione.
Il limite dei 45 giorni per le intercettazioni
Ma il governo Meloni il 31 marzo scorso, è intervenuto nuovamente sulla materia, imponendo anche il limite temporale di 45 giorni per la durata complessiva delle intercettazioni (legge Zanettin). Tale termine può essere prorogato solo in presenza di eccezionali e giustificati motivi, specificati dal giudice, che ne dimostrino l’assoluta indispensabilità.
Sono stati esclusi dal vincolo temporale i reati di criminalità organizzata, terrorismo, traffico illecito di rifiuti, sequestro di persona, reati informatici e minacce telefoniche. Tuttavia il limite dei 45 giorni resta per reati gravissimi, quali l’omicidio e quelli legati agli stupefacenti (ma fuori dai contesti di criminalità organizzata), lo stalking, i maltrattamenti in famiglia, la rapina, i reati fiscali e finanziari.
Errori riconosciuti ma mai sanati
In aula la maggioranza si era resa conto delle pericolose omissioni del testo, ma pur di non ritardarne l’approvazione con un’altra lettura in Senato, lo ha votato ugualmente, salvo approvare un ordine del giorno che impegna in futuro il governo “ad adottare le opportune iniziative normative al fine di estendere” la deroga “ai delitti di violenza sessuale e di violenza di genere, stalking, revenge porn, e pedopornografia”. Ma ancora non è stato fatto nulla…
Ma il peggio potrebbe ancora arrivare
In compenso si parla di nuovi interventi all’orizzonte: dall’avviso al difensore dell’indagato almeno due ore prima della perquisizione (vanificando l’effetto sorpresa essenziale per l’esito della misura) ad una nuova disciplina della prescrizione, annunciata da Nordio in caso di vittoria del Sì al referendum costituzionale sulla riforma della separazione delle carriere. Perché al peggio non c’è mai fine.
