Dopo oltre tre anni di guerra in Ucraina – a scanso di equivoci iniziata dalla Russia e da condannare con fermezza – e davanti alle trattative di pace che si sono riaccese miracolosamente negli ultimi giorni, con l’apertura di Vladimir Putin a un incontro con Volodymyr Zelensky per definire la fine delle ostilità purché si tenga conto dei risultati russi ottenuti sul campo di battaglia, molte predizioni – o forse semplici speranze – su un esito nefasto per la Russia sembrano ormai storia. Del resto, in tutto questo tempo, tanti si sono lanciati in previsioni azzardate sulla disfatta di Putin, talvolta preannunciandone perfino l’imminente caduta, salvo poi essere smentiti dai fatti.
L’ottimismo iniziale davanti alla strenua resistenza ucraina
Sul Foglio, in un editoriale del 13 settembre 2022 intitolato “I fatti, non le opinioni, dicono che l’Ucraina le sta dando di santa ragione alla Russia”, Giuliano Ferrara scrive: “È possibile che questo paese di Kyiv, piccolo russo e grande ucraino, frammentato nel culto e nelle etnie, si sia davvero mobilitato fino a darle di santa ragione a un colosso nei settori chiave dell’intelligence condivisa con gli alleati, della tattica bellica per salvare treni, persone, mobilità, casematte? È possibile che resista ancora e progredisca sul campo questo patriottismo vero perché costoso, in un mercato di ideali a buon prezzo e di sconvolgenti messe in scena della grandezza neoimperiale dei possessori di armi nucleari e materie prime? Possibile che una terra di grano, di leggende, di arcaismi, di spettri e mostri lunari, di eroi grotteschi e gogoliani perduti tra fiumi scambiati per dèi, diventi una terra consacrata alla persistenza tignosa di una scelta libera, una lezione universale? La semplificazione dice solo questo: sì, certo, è possibile, è stato possibile, sarà possibile”.
Era un’altra era geologica, in cui la strenua resistenza ucraina – che sembrava addirittura destinata a riconquistare i territori occupati anche grazie al supporto americano dell’allora presidente Joe Biden – aveva illuso molti.
In quest’ottica, mentre si facevano sempre più insistenti le voci su una possibile controffensiva ucraina, poi effettivamente avvenuta nel 2023 ma rivelatasi un fallimento, il giornalista del Corriere della Sera Beppe Severgnini, intervenendo nella puntata del 21 aprile 2022 di Otto e mezzo su La7, spiegava che a suo dire “quello che ha detto Biden su Putin è corretto. Anch’io ritengo che Putin non vincerà mai perché è già il fondatore dell’Ucraina europea, che è destinata a rimanere (…) le cose che Putin voleva (dal conflitto, ndr) erano altre. Lui ha messo insieme la Nato e ha dimostrato anche i limiti della potenza russa”.
Un intervento che Severgnini, il 27 aprile 2022, sempre a Otto e mezzo, ribadì: “Non c’è storia: 40 democrazie organizzate, parliamo di Paesi ricchi, è evidente chi sia più forte a lungo andare sia economicamente che militarmente. Il punto è non umiliare i futuri sconfitti (…) questo continuo parlare di armi nucleari è il segno di un uomo disperato, perché non si devono e non si possono usare”. Peccato che, nel corso dei successivi due anni, le 40 democrazie si siano rivelate ben poco compatte e che l’attuale presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, più che preoccuparsi di “non umiliare” Putin, lo abbia definitivamente riabilitato.
Sempre sulle ali dell’entusiasmo per la resistenza ucraina, in un’analisi a La7 del 27 giugno 2022, il professore Vittorio Emanuele Parsi parlava dell’isolamento della Russia e si lanciava in una previsione: “La pace arriverà soltanto quando i russi capiranno che andando avanti (con la guerra, ndr) non faranno altro che tornare indietro (…) il fatto è che loro non possono sostenere altri sei mesi di conflitto”. Peccato che l’ottimismo sull’impossibilità del Cremlino di continuare a lungo la guerra si sia dimostrato infondato, visto che il conflitto, a oggi, non è ancora terminato.
La speranza nella controffensiva di Kiev, poi risultata fallimentare
Nathalie Tocci, in un’intervista a Formiche del 20 febbraio 2023, spiegava che “la guerra continuerà e che l’Ucraina dovrà vincere: quest’ultima posizione è qualcosa che si è consolidato nell’ultimo periodo. Ovvero, mentre prima dovevamo dare le armi all’Ucraina in modo tale che avrebbe potuto negoziare da una posizione di maggior forza, adesso si prende atto del fatto che, anche in un’ipotesi abbastanza verosimile in cui la controffensiva di tarda primavera effettivamente riesca a liberare gran parte del territorio, questo non vuol dire automaticamente che ci sarà una trattativa perché, ripeto, servono due parti per una trattativa. E sarebbe ingenuo immaginare che la Russia sia disposta a trattare”.
Ma la controffensiva non ha dato gli esiti sperati e, da quel momento, l’Ucraina – resasi conto dell’impossibilità di riprendersi i territori – ha quasi del tutto rinunciato ai presupposti di riconquista, dedicandosi quasi esclusivamente alla tenuta del fronte difensivo.
Nella puntata del 25 settembre 2023 di Tagadà su La7, sempre nel momento di massimo sforzo offensivo dell’Ucraina, Paolo Mieli sprizzava ottimismo e, senza mezzi termini, dichiarava: “Vincerà l’Ucraina. Ogni volta sembra che soccombano, tutti fanno i pessimisti – e a volte soccombono veramente –, però io ho messo un titolo scaramantico sul mio ultimo libro e sono convinto che questa volta vinceremo. Non solo in Ucraina ma nel mondo”.
Le previsioni e le speranze della politica, poi rivelatesi infondate
Ma non solo giornalisti e analisti hanno fatto previsioni o manifestato speranze, poi rivelatesi infondate. L’esito del conflitto resta ancora imprevedibile ma Kiev sembra aver acquisito un vantaggio strategico importante. Le sanzioni che abbiamo imposto a Mosca hanno avuto un effetto dirompente sulla macchina bellica russa e sulla sua economia. La Russia fatica a fabbricare da sola gli armamenti di cui ha bisogno poiché trova difficile acquistare il materiale necessario a produrle. Il fondo monetario internazionale prevede che l’economia russa si contragga quest’anno e il prossimo di circa 10% in totale a fronte di una crescita intorno al 5% ipotizzata prima della guerra. L’impatto delle misure è destinato a crescere con il tempo (…) con un’economia più debole sarà più difficile per la Russia reagire alle sconfitte che si accumulano sul campo di battaglia”. Questo quanto sottolineava, come riporta il Corriere della Sera, l’allora premier italiano, Mario Draghi, durante il suo discorso davanti all’Assemblea generale dell’Onu del 21 settembre 2022. Che le sanzioni abbiano avuto un effetto è vero, ma queste non hanno minimamente fermato la produzione di armi russe e nemmeno la deprecabile offensiva dello zar.
Il 2 maggio 2023 a scommettere sulla vittoria dell’Ucraina nel conflitto era stata anche l’attuale premier Giorgia Meloni che all’epoca, come visibile nel video di Vista Agenzia Televisiva Nazionale, dichiarava che “noi abbiamo ospitato la scorsa settimana una bella conferenza di ricostruzione perché scommettiamo sulla vittoria dell’Ucraina e su un futuro europeo per il popolo ucraino, per un futuro di libertà e di pace”. Una speranza più che una previsione, disattesa dai fatti, che la premier, ad onor del vero, nelle successive dichiarazioni stampa ha sempre stemperato preferendo un approccio più soft in cui abbandonava il tema della vittoria Ucraina in favore di una più mite “pace giusta”.
Gli ultimi sostenitori della disfatta russa
Passano gli anni e il tema della possibile “vittoria ucraina”, davanti al parziale disimpegno americano di Donald Trump, sparisce quasi completamente dal dibattito. Eppure, il 30 maggio 2025, il vicedirettore del Corriere della Sera, Federico Fubini, a Otto e mezzo su La7, si lancia in una nuova analisi che, a suo avviso, decreta il disastro di Putin: “Oggi la Russia controlla il 19,4% del territorio ucraino. Nell’aprile del 2022 ne controllava il 27%, due anni e mezzo fa il 22%, dunque ha continuato ad arretrare. L’esercito russo ha perso 200mila effettivi. Si stima che le perdite per l’esercito ucraino siano inferiori di parecchio – continua – perché naturalmente chi si difende ha meno perdite. Ma l’esercito russo sta perdendo sempre più soldati, perché non hanno più i mezzi corazzati, fanno gli assalti coi motorini sotto i droni, mandano i muli nelle retrovie a portare il materiale militare, come testimoniano le foto nei social media filorussi su Telegram. Insomma, sono in difficoltà”.
Fubini concludeva: “I russi sono ridotti a tal punto che in Jacuzia adesso c’è un programma, chiamato ‘Cambia Vita’ e rivolto agli homeless, che sono tutti alcolizzati, per entrare nell’esercito. Hanno delle difficoltà di reclutamento molto importanti. Questo ha un significato politico perché, soprattutto in Italia, abbiamo sentito tante voci secondo cui non ha senso cercare di aiutare l’Ucraina perché l’Ucraina sta perdendo. E invece non è vero”. Che l’Ucraina debba essere aiutata è chiaro a tutti, proprio perché la Russia, pur avendo ridimensionato gli obiettivi militari che a inizio guerra sembravano puntare alla presa di Kiev per un “regime change”, poco alla volta e con enorme sforzo sta effettivamente avanzando, tanto che – secondo le ultime stime – controlla un quinto del territorio ucraino. Ma un conto è cercare di aiutare Zelensky a resistere, al fine di concedere il meno possibile alla Russia, e tutt’altro è raccontare di una vittoria che appare utopica anche in virtù dell’antico adagio secondo cui “non si può vincere una guerra contro una potenza nucleare”.
Ma se giornalisti e analisti nel tempo hanno quasi del tutto abbandonato i toni trionfalistici, a non darsi mai per vinta è l’Alto rappresentante dell’Ue, Kaja Kallas. Parlando alla conferenza annuale dell’Agenzia per la difesa Ue (Eda), come riportato dall’Ansa in un articolo del 22 gennaio 2025, Kallas dichiarava con sicurezza: “Non c’è assolutamente alcun dubbio che possiamo fare di più per aiutare l’Ucraina. Con il nostro aiuto, possono vincere la guerra. L’unica lingua che parla Putin è quella della forza. L’Ue ha forza. Le economie dei Paesi Ue insieme sono 17 volte più grandi di quella russa. Dobbiamo forzare la sua mano per mostrargli che perderà. E fermarlo prima che attacchi uno dei nostri”.
Dichiarazioni che, come molte precedenti, sono state smentite dai fatti, visto che a oggi non si parla più di vittoria dell’Ucraina o di riconquista dei territori occupati per tornare alla situazione di inizio conflitto, ma si discute di cosa cedere a Putin per interrompere la guerra.