Cerco un Centro di gravità permanente. Galantino non va, ma tanti arrivano da tutta Italia per la lectio su De Gasperi. Il politico e laico che la Chiesa vuole fare santo

Cerco un Centro di gravità permanente. Galantino non va ma tanti arrivano da tutta Italia per la lectio su De Gasperi. Il politico e laico che la Chiesa vuole fare santo

 

di Lucio D’ubaldo

Il ricordo di Alcide De Gasperi non è il semplice tributo alla memoria di un uomo politico importante, oggi riconosciuto come il principale artefice della ricostruzione del Paese dopo le devastazioni belliche e i vent’anni di regime mussoliniano. L’Italia deve molto alla sua energica e lungimirante iniziativa di governo, svolta per altro in un contesto che le profonde lacerazioni della guerra fredda, con il mondo diviso in due blocchi contrapposti, rendevano particolarmente difficile. Anzitutto la scelta di campo, con l’obiettivo di difendere la democrazia ponendosi al fianco dell’America. Grazie a lui, tuttavia, l’anticomunismo non si tradusse nella restaurazione degli interessi delle classi più agiate, ma sull’onda di un’aspirazione popolare alla giustizia, che si nutriva anche di valori religiosi, dette alla vittoria sullo schieramento guidato da Togliatti il significato di una promessa concreta di evoluzione e riscatto civile. Tutto quello infatti che la Repubblica ha potuto realizzare in termini di sviluppo economico, con l’ascesa di ceti popolari fino ad allora esclusi dal benessere e la formazione di un robusto ceto medio, è frutto dell’intensa e laboriosa stagione degasperiana. Alla fine degli anni ‘50, il “miracolo italiano” costituisce l’epilogo del ciclo di riforme – liberalizzazione dei commerci, riordino della proprietà contadina, intervento straordinario a favore del Mezzogiorno, piano per l’edilizia pubblica, nuovo sistema tributario, ecc. – che trasforma l’Italia rurale, a lungo paralizzata dai fasti illusori del fascismo e immersa nella palude dell’economia corporativa, in una moderna nazione industriale.

Grandi risultati ci daranno sul piano internazionale. De Gasperi, nonostante l’estromissione dal tavolo delle potenze vincitrici, rende l’Italia partecipe della “ricostruzione del mondo”. Certamente il disegno dell’Europa unita, quello che appare ai nostri giorni evocativo di una speranza via via dispersa a causa di un eccesso di rigidità e prevaricazione dell’euroburocrazia, rimanda al protagonismo del leader democristiano e quindi all’intesa con altri statisti, anch’essi di formazione popolare e cristiana, come il francese Schuman e il tedesco Adenauer. È un’Europa che nasce o forse sarebbe meglio dire rinasce sulla base di un nuovo ideale di pace, di progresso economico e civile, d’integrazione sovranazionale. A questo europeismo De Gasperi associa l’atlantismo (Nato e Piano Marshall), altra faccia della medesima medaglia, in una sintesi che dinanzi all’attualità del tema riguardante l’accordo di libero scambio tra Unione Europea e Stati Uniti (TTIP) può ancora rappresentare, se ben intesa, una fonte di ispirazione per le classi dirigenti dell’una e l’altra sponda dell’oceano. In definitiva la visione degasperiana rifugge dall’ipotesi di una solidarietà atlantica ridotta a pura strategia di difesa militare, essendo piuttosto la cerniera di un processo di armonizzazione di economie e identità nazionali impegnate nella sfida con il messianismo totalitario sovietico. Alla fine questa sfida è stata vinta, con la caduta del Muro nel fatidico ‘89, anche se ancora manca all’appello la capacità di preservare ed estendere lo spirito di una “umanizzazione” del capitalismo (ormai globalizzato). D’altronde, si può identificare De Gasperi come vero testimone di una politica capace di compiere sì scelte impegnative e severe, ma senza perdere il connotato di umanità insito nello scontro, anche il più duro, con gli avversari. In definitiva, la laicità includeva, oltre la distinzione persino ovvia tra religione e politica, il riconoscimento del limite che la lotta democratica deve sempre prevedere, pena la caduta nel machiavellismo. L’odio, il cinismo, l’indifferenza etica non appartenevano alla coscienza di un politico di genuina e profonda ispirazione cristiana, quale in effetti si professò costantemente De Gasperi, Le sue virtù hanno indotto a considerare persino plausibile un percorso ecclesiastico verso la canonizzazione. Anche Papa Ratzinger, e prima di lui Giovanni XXIII, ne ha esaltato l’esperienza di politico integerrimo e coerente. Per questo, a dire il vero, non si comprende come sia potuto accadere che in occasione dello scambio di messaggi nel 2011 tra Quirinale e Santa Sede per i 150 anni dall’Unità d’Italia lo stesso Benedetto XVI, pur citando altre autorevoli figure del cattolicesimo politico (da Gioberti a Moro) abbia tuttavia ignorato proprio il nome di De Gasperi.

SENZA POLITICA SI MUORE
Dunque, oltre le circostanze occasionali, sia pure importanti come nel caso dell’anniversario della scomparsa, il tributo s’illumina di luce particolare se l’esempio di De Gasperi serve a scuotere l’albero di una politica deludente, essenzialmente perché troppo impoverita o peggio degradata a motivo di una perdita generalizzata di moralità. Il Capo di governo più longevo della storia repubblicana, l’uomo che gestì il potere come nessun altro ebbe modo di fare negli anni avvenire, il leader di partito più libero per la posta in gioco (vedi il 18 aprile 1948) di sfruttare adesioni e sostegni eccezionali, lasciò questa vita terrena senza aver accumulato ricchezze per sé o la sua famiglia. Non approfittò di nulla, né consentì che altri attorno a lui potessero farlo, nel corso di una lunga esperienza che lo vide impegnato al servizio dello Stato e della comunità nazionale. Importanti sono state, nelle ultime ore, le parole di Mons. Galantino. Con l’occhio rivolto all’insegnamento di De Gasperi, il Segretario generale della Cei ha ricordato che “senza politica si muore”. Ecco, dobbiamo far tesoro di questa sollecitazione che muove proprio dal bisogno di restituire alla vita democratica un principio di speranza. Non si può assistere passivamente alla frattura della coesione nazionale, all’involgarimento del confronto politico, alla speculazione sui drammi nascosti nelle emergenze nazionali e internazionali. Occorre uno scatto di volontà collettiva per uscire dal vicolo cieco della decadenza. Coerenza e onestà, alimentate da umanesimo laico e solidarismo cristiano, costituiscono i requisiti fondamentali di una politica che in spirito degasperiano occorre oggi riscoprire per il bene del Paese.