Da Veltroni a Napolitano e Calenda: dopo il siluramento di Visco tutti in rivolta contro Renzi

Da Veltroni a Napolitano e Calenda: dopo il siluramento di Visco tutti in rivolta contro Renzi

Per dirla con @GianniCuperloPD, parody account su Twitter di quello dell’ex presidente del Pd, “con la sortita sulla Banca d’Italia, Renzi ha per la prima volta realizzato l’unità del centrosinistra: contro di lui”. Seppur con ironia, il cinguettio fotografa in maniera chirurgica quello che è successo all’indomani della mozione presentata e approvata alla Camera con la quale i dem, leggi Matteo Renzi, hanno silurato il governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco (il cui mandato scadrà a fine mese).

Dall’ex segretario del Partito democratico Walter Veltroni al ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda fino al capogruppo dem al Senato Luigi Zanda e al presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, contro l’ex sindaco di Firenze si è scatenato un vero e proprio fuoco di fila. Ma l’interessato, in giro per l’Italia col suo tour in treno, ha tirato dritto, tornando nuovamente a chiedere la testa del governatore. “Doveva rimanere agli atti che il Pd non si assume alcuna responsabilità sulla conferma di Visco”, ha detto Renzi. E ancora: “Se qualcuno vuol raccontare che in questi anni nel settore banche non è successo niente, non siamo noi, perché è successo di tutto. È mancata evidentemente una vigilanza efficace. C’è bisogno di scrivere una pagina nuova. Ci sono stati dei manager che hanno preso soldi e non hanno lavorato con professionalità – ha sferzato il segretario del Pd –, ci sono persone che hanno visto venir meno i loro crediti ed è toccato a noi intervenire per rimediare ai disastri causati da altri e ciascuno si assumerà la sua responsabilità”. Ma a parte il cosiddetto “Giglio magico”, che condivide a prescindere tutto ciò che Renzi fa e dice, il partito e pezzi del Governo si sono rivoltati contro la scelta di “Matteo”.

A cominciare da Veltroni, tornato in auge dopo la festa per i dieci anni del Pd. La mozione di martedì è “incomprensibile e ingiustificabile”, ha detto. “Da sempre la Banca d’Italia è un patrimonio di indipendenza e di autonomia per l’intero paese”. Ancora più duro, nella sua cripticità, il numero uno del Mise, che con tono amaro non è andato oltre un no comment “per carità di patria”. Anche per Zanda, “quando si tratta di questioni che hanno a che fare con il risparmio dei cittadini e con la stabilità del sistema bancario bisogna sempre usare il massimo della prudenza possibile. E questo significa che di mozioni di questo tipo meno se ne fanno e meglio è”. Messaggio inequivocabile. Come pure quello lanciato da Napolitano. “Mi occupo in verità di altre cose. Non devo occuparmi delle troppe cose che ogni giorno capitano e che sono deplorevoli”, ha commentato caustico. Per Andrea Martella, coordinatore degli orlandiani, serve “un confronto aperto, un’assemblea” perché “il percorso con cui si è arrivati alla scelta non è stato del tutto lineare, come dovrebbe accadere su un tema delicato che coinvolge autonomia e indipendenza di Bankitalia ed il rispetto dei diversi ruoli istituzionali”.

All’attacco pure i deputati del M5S: “Il treno di Renzi è deragliato prima di partire, su Visco il gioco delle parti col Governo è di una tristezza sconcertante”. E Silvio Berlusconi (FI): “È proprio della sinistra voler occupare tutti i posti di potere dopo le elezioni: adesso li vogliono anche prima?”.