Dai migranti al Pnrr. Più che pronte le destre sono divise

Uniti davanti alle telecamere, divisi e in perenne guerra al loro interno. È lo strano destino dell’attuale maggioranza.

Dai migranti al Pnrr. Più che pronte le destre sono divise

Uniti e sorridenti davanti alle telecamere, divisi e in perenne guerra al loro interno. È lo strano destino dell’attuale maggioranza dove, praticamente su ogni argomento, le diverse anime che la compongono non fanno altro che darsele di santa ragione.

Uniti davanti alle telecamere, divisi e in perenne guerra al loro interno. È lo strano destino dell’attuale maggioranza

Crepe continue – ormai quasi quotidiane – che incrinano quel racconto propagandistico di una coalizione, quella del Centrodestra, granitica dove tutti remano dalla stessa parte. Eppure che i rapporti interni non siano rose e fiori, lo hanno capito tutti, specie alla luce dell’ultimo scivolone che si è consumato giovedì quando il Def è stato bocciato in Aula ed è stato necessario un secondo giro per approvarlo.

Per quanto si tratti di un inedito nella storia della Repubblica, qualcuno potrebbe pensare che un passo falso – seppur di gravità inaudita come quello consumato sul Def – sia solo un caso sporadico. Peccato che non sia affatto così perché è soltanto la punta dell’iceberg di un esecutivo che sembra incapace di dimostrarsi unito, con la sola eccezione di quando c’è da affossare i provvedimenti bandiera del Movimento 5 Stelle come il Reddito di cittadinanza e il Superbonus 110% dove Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia riescono miracolosamente a collaborare.

La realtà è che sono talmente tante le occasioni in cui la maggioranza ha dato prova di essere divisa che ormai risulta difficile elencarle tutte. Il caso più grottesco è, però, quello legato al Pnrr dove, davanti ai ritardi che rischiano di far perdere decine di miliardi di euro all’Italia, dal Carroccio ci si è spinti a minimizzare i problemi. Anzi il capogruppo leghista alla Camera, Riccardo Molinari, si è spinto fino a suggerire l’idea di “rinunciare a una parte dei fondi a debito” piuttosto che spendere “per spenderli, a caso”, magari per progetti che “non servono” o che comunque i sindaci, in particolare nei piccoli comuni, non riescono a mettere a terra”.

Una sparata che ha fatto infuriare Palazzo Chigi che si è affrettato a dire che “l’Italia non perderà i fondi del Pnrr”. Tutto risolto? Macché. Il giorno dopo Molinari rincarava la dose: “Io ho detto una cosa assolutamente in linea con quello che dicono Meloni e Fitto. È un ragionamento logico. Fitto dice: entro il 2026 alcuni progetti non riusciamo a finirli, meglio parlarne subito che aspettare. Come si risolve il problema? Ci sono due vie. O si ricontratta in Europa il Pnrr, e quindi si destinano quei fondi ad altro, oppure se non si riesce piuttosto che spenderli male meglio non spenderli”.

La cosa buffa è che la maggioranza riesce ad andare in tilt pure su temi che, almeno sulla carta, dovrebbero essere condivisi. È successo sui migranti dove tutti parlano di “invasione” ma sembrano avere ricette ben diverse su come arginarla. Certo sono tutti d’accordo sul fatto che l’idea di un “blocco navale”, sbandierata in campagna elettorale da Giorgia Meloni, sia inattuabile ma non ha messo tutti d’accordo neanche la proposta di Matteo Salvini di tornare ai suoi decreti Sicurezza.

E a dimostrare le tensioni interne sul tema non si può non ricordare il travaglio per approvare il decreto Cutro con cui è stata disposta una stretta alle navi Ong, cosa che non ha fatto fare salti di gioia a Silvio Berlusconi, ed è stato introdotto un reato ad hoc per gli scafisti. Per non parlare della bagarre che si è creata attorno allo stop alla protezione speciale per i naufraghi che Meloni e Salvini volevano abolire, salvo dover fare dietrofront accontentandosi di una limitazione di questo strumento per non scontentare Silvio Berlusconi e i suoi.

Davanti ai ritardi del Pnrr la Lega vuole lasciarne una parte. Un’idea che ha scatenato gli alleati

Non va meglio neanche in politica internazionale dove all’interventismo dei meloniani, decisi a supportare l’Ucraina finché necessario, fanno da contraltare le posizioni degli alleati e soprattutto quelle della Lega che mette in dubbio l’efficacia delle sanzioni alla Russia e che mugugna quando si parla di ulteriori forniture militari a Kiev. In tal senso hanno fatto discutere, creando un caso all’interno del Governo, le parole del capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo, che ad Agorà su Rai Tre aveva detto: “È giusto sostenere l’Ucraina anche a livello militare tanto è vero che abbiamo votato tutti i provvedimenti. È sacrosanto difendere il diritto all’autodeterminazione di uno Stato sovrano. Però attenzione a non inviare armi che rischino di trascinare la Nato in un conflitto diretto con la Russia. Perché questo vorrebbe dire far scoppiare la guerra nucleare. Ci vuole prudenza. Usiamo la ragione e usiamo meno la propaganda bellicistica”.

Spaccature evidenti anche nel caso del Meccanismo europeo di stabilità (Mes) per il quale Forza Italia spinge per dare il via libera mentre Lega e Fratelli d’Italia fanno muro (leggi articolo a pagina 3). Insomma se c’è una certezza in questa maggioranza allora non può che essere che riesce a dividersi davvero su tutto.