Dai politici ai faccendieri. Ecco i registi dello scandalo Consip. Rilevante il ruolo dell’ex onorevole di An, Bocchino. Uomo di collegamento dell’immobiliarista Romeo

Se ne parla da anni e per lungo tempo l’inchiesta Consip (leggi l’articolo), con i suoi protagonisti e i mille rivoli, ha letteralmente monopolizzato l’attenzione di tutti, media inclusi. Un fitto e ingarbugliato sistema, su cui hanno indagato a lungo le procure di Roma e Napoli, in cui si sono susseguiti una lunga sequela di personaggi più o meno noti appartenenti tanto al mondo della politica quando a quello dell’imprenditoria. Al centro della vicenda sugli affari sospetti consumati all’ombra della centrale acquisti della Pubblica Amministrazione, secondo la ricostruzione dei magistrati di Roma, c’è l’immobiliarista Alfredo Romeo, ritenuto dai pm vicino ai renziani, che si sarebbe fatto largo a suon di mazzette per aggiudicarsi le gare pubbliche.

Nato in provincia di Caserta ma napoletano di adozione, si laurea in giurisprudenza nel 1977 è per questo viene soprannominato “l’avvocato”. Nel 1979 fonda la Romeo Immobiliare che, con sedi in cinque regioni, diventa la sua società principale. Un impero economico con quasi 18 mila dipendenti in tutta Italia e dal fatturato di 400 milioni di euro che ha prosperato fino a quando, nel 2008, su di lui si sono accesi i fari della Procura di Napoli per un presunto sistema di corruzione che gli è costato perfino l’arresto. Così dopo inchieste e processi, alcuni tutt’ora in corso, Romeo si è lanciato in una nuova sfida diventando editore del quotidiano Il Riformista.

Altro personaggio di spicco è Carlo Russo, ossia quello che i magistrati definiscono un faccendiere ammanicato con la politica. Imprenditore farmaceutico 36enne di Scandicci, per i pm è uno spregiudicato lobbista dotato di conoscenze altisonanti come si evincerebbe dal fatto che a fare da padrino al figlio è stato Tiziano Renzi. Proprio il padre dell’ex premier è un nome che ritorna nell’inchiesta. Vicino ai settanta, è stato consigliere comunale a Rignano in Toscana e ha militato prima nella Democrazia Cristiana e dopo nella Margherita. Oltre alla politica, però, Tiziano è anche un imprenditore a capo di alcune società di servizi che gli sono costate anche alcune grane con la giustizia.

Nel 2014 è indagato dalla procura di Genova per bancarotta fraudolenta, salvo poi essere archiviato due anni dopo, fino allo scandalo Consip in cui avrebbe incontrato imprenditori in cerca di aiuti e appoggi. Tra le persone legate all’imprenditore Romeo c’è anche il giornalista ed ex deputato di Alleanza Nazionale, Italo Bocchino (nella foto), che al termine della sua carriera politica si è reinventato come consulente dell’imprenditore partenopeo a cui ha messo a disposizione, secondo il gip Gaspare Sturzo, le sue conoscenze nel mondo delle istituzioni. Come messo nero su bianco dal magistrato, Bocchino ha “capacità di accedere a informazioni riservate anche grazie al suo trascorso di deputato e membro del Comitato Parlamentare di Controllo sui Servizi Segreti e con perduranti contatti con sedicenti ed effettivi appartenenti all’intelligence nonché con politici e pubblici funzionari in posizione apicale”.

Nell’affaire Consip spunta anche il nome di Denis Verdini, uno degli ex fondatori di Forza Italia, che è stato politico, banchiere e imprenditore. Il 68enne, padre dell’attuale fidanzata di Matteo Salvini, non è nuovo ai guai giudiziari. Durante la sua carriera, infatti, ha collezionato diverse condanne tra cui quella a 4 anni a e 4 mesi per bancarotta preferenziale in relazione al fallimento di una società di costruzioni di Campi Bisenzio che aveva avuto rapporti con il Credito cooperativo fiorentino. Non solo. Lo stesso ex politico è stato condannato a 5 anni e 6 mesi per il fallimento della Società toscana edizioni (Ste), che editava il Giornale della Toscana, e a 6 anni e 10 mesi per il crac del Credito cooperativo fiorentino.

Coinvolto nell’inchiesta romana su consip c’è anche l’avvocato e deputato Ignazio Abrignani la cui carriera politica è iniziata nel 2013 con Forza Italia per poi confluire in Ala, ossia il partito fondato da Verdini. A lui i pm romani contestano i reati di turbativa d’asta e concussione. Tra gli imprenditori che sono finiti nelle maglie di questo filone dell’inchiesta su Consip c’è l’imprenditore piemontese Ezio Bigotti, presidente del gruppo Sti, che si è aggiudicato diverse e importanti commesse dalla centrale di acquisti. Un nome che, recentemente, è salito alla ribalta della cronaca giudiziaria anche perché indagato in un’altra inchiesta relativa ad un giro di sentenze pilotate al Consiglio di Stato.

Sempre nell’ambito dell’indagine romana sulla stazione appalti è indagato Silvio Gizzi, ex amministratore delegato di Grandi Stazioni, a cui viene contestata la turbativa d’asta e l’ex amministratore di Consip, Domenico Casalino, ritenuto responsabile di traffico di influenze. Stessa accusa mossa anche nei confronti del dirigente di Consip, Francesco Licci. Ultimo indagato è il tecnico della centrale appalti Stefano Massimo Pandimiglio.