Per Carlo Nordio quella di ieri è stata una giornata da dimenticare. Prima l’Anm ha pubblicato una lettera firmata dall’allora magistrato a Venezia e inviata all’Anm – era il 3 maggio 1994 – in cui l’attuale guardasigilli, che oggi dà il nome al disegno di legge costituzionale per la separazione delle carriere, sottoscriveva un appello contro la riforma che oggi definisce “epocale”.
Poi il plenum del Csm ha approvato a maggioranza la pratica a tutela del sostituto procuratore della Cassazione Raffaele Piccirillo, il magistrato criticato da Nordio per la sua intervista sul caso Almasri.
Il plenum del Csm ha approvato a maggioranza la pratica a tutela di Piccirillo
Sono stati cinque i voti contrari da parte dei laici di centrodestra, ovvero Enrico Aimi, Isabella Bertolini, Daniela Bianchini, Claudia Eccher, Felice Giuffré. Tra i togati l’unica astenuta è stata Bernadette Nicotra, che non aveva firmato la richiesta di apertura pratica a tutela.
Mercoledì il plenum era saltato per due volte in mancanza del numero legale, dopo che i consiglieri laici di centrodestra avevano abbandonato l’aula decidendo di non partecipare né al dibattito e né al voto. Ieri, pur disertando il dibattito, hanno partecipato al voto.
Alla base della nuova decisione ci sarebbe la volontà di non far saltare le decisioni anche su altre delibere. Ma in realtà il boicottaggio non è passato inosservato agli occhi del Quirinale.
La nota dei consiglieri laici di centrodestra
“Non abbiamo partecipato alla discussione in Plenum della pratica a tutela del dottor Raffaele Piccirillo ma abbiamo comunque garantito il numero legale al momento del voto. Il senso delle Istituzioni, che i togati molte volte dimenticano pensando che tutto ruoti intorni a loro, ci ha imposto questa scelta per non bloccare i lavori del Consiglio superiore della magistratura in un momento molto delicato per la giustizia nel nostro Paese. Non c’è stata dunque alcuna una ‘vittoria’ dei togati come qualcuno si è affrettato a dichiarare”, hanno affermato i consiglieri laici di centrodestra.
Secondo i quali “questa ‘turbo pratica’ arrivata dopo appena 72 ore in plenum è stata solo l’ennesima occasione per polemizzare contro il governo. Siamo comunque soddisfatti. Con la riforma della giustizia in dirittura d’arrivo gli italiani fra qualche mese non assisteranno più a pericolose invasioni di campo che non giovano alle nostre istituzioni”, hanno concluso Aimi, Bertolini, Bianchini, Eccher e Giuffrè.
Il plenum del Csm: gravi le parole di Nordio, a rischio la fiducia
“Il Consiglio superiore della magistratura rileva la gravità delle affermazioni rese dal ministro della Giustizia, per il loro potenziale impatto sulla fiducia dei cittadini nella funzione giudiziaria; ritiene che esse siano idonee a condizionare il sereno e indipendente esercizio della giurisdizione e afferma, pertanto, la necessità, nell’ambito dei propri compiti costituzionali, di tutelare il prestigio dell’ordine giudiziario, rinnovando il richiamo al rispetto dei principi di autonomia, indipendenza e leale collaborazione tra i poteri dello Stato”. È quanto si legge, invece, nella delibera approvata dal plenum del Csm, a tutela di Piccirillo.
“Trovo ancora più scandaloso” che Piccirillo “sia stato difeso da alcuni magistrati e peggio mi sento che il Csm abbia aperto una pratica a sua tutela”, aveva dichiarato martedì scorso Nordio. Che qualche giorno prima (18 luglio) aveva minacciato il magistrato in questione. “L’altro giorno un magistrato in servizio si è permesso di indicare su un giornale tutti gli errori fatti dal ministro nel caso Almasri. Che un magistrato si permetta di censurare su un giornale le cose che ho fatto, in qualsiasi paese al mondo avrebbero chiamato gli infermieri. Potrebbe essere oggetto di valutazione”.
L’intervista di Piccirillo che ha scatenato l’ira di Nordio
Il ministro si riferiva all’intervista concessa a Repubblica da Piccirillo. Che aveva spiegato di ritenere che “non vi fossero valide ragioni giuridiche per non convalidare l’arresto” di Almasri “e non consegnarlo alla Corte penale internazionale”. Secondo il magistrato, né l’autorità giudiziaria né il ministro potevano sindacare “i gravi indizi e le esigenze cautelari che stanno alla base del mandato di arresto della Corte”.
E Nordio, aveva aggiunto, “non poteva nemmeno mettere in dubbio la giurisdizione della Corte che – laddove fosse stata messa in discussione dall’arrestato – avrebbe dovuto essere stabilita dalla stessa Corte penale internazionale. In buona sostanza, le giustificazioni offerte in occasione dell’informativa del ministro Nordio al Parlamento del febbraio scorso sono prive di fondamento giuridico. Del resto, nella tradizionale materia estradizionale, non si è mai visto un ministro che intercetta il provvedimento straniero prima di trasmetterlo all’Autorità giudiziaria per valutarne la legittimità”.
Parole che avevano scatenato l’ira di Nordio, che a sua volta aveva scatenato le proteste dei magistrati.