“Dall’Ucraina alla Palestina, subito il cessate il fuoco. La pace non si costruisce con la guerra”: parla Vignarca

L'intervista a Francesco Vignarca, coordinatore nazionale della Rete italiana per il disarmo: "La pace non si costruisce con la guerra".

“Dall’Ucraina alla Palestina, subito il cessate il fuoco. La pace non si costruisce con la guerra”: parla Vignarca

Francesco Vignarca, coordinatore nazionale della Rete italiana per il disarmo, cosa ci dice l’enorme partecipazione in Russia ai funerali di Navalny?
“Dimostra quello che sottolineano da tempo. Anche se non lo può esprimere, la maggioranza dei russi è contro questa guerra. Non lo dice perché c’è repressione e autoritarismo e perché c’è la difficoltà di capire che c’è una guerra in corso. La possibilità per loro di attingere a informazioni non è semplice. C’è una censura di base anche se dopo due anni la consapevolezza è maggiore. Per questo noi abbiamo lavorato per favorire gli obiettori di coscienza in Russia, sia dall’esterno passando informazioni sia con chi è all’interno e lavora con i gruppi locali. Lavoriamo con le madri dei soldati, con le associazioni della società civile. C’è bisogno della stessa cosa anche in Bielorussia e in Ucraina. C’è bisogno di ragionare sul fatto che la guerra si inizia a fermare quando non la fai fare alla gente”.

Intanto sembra esserci stata una reazione internazionale dopo l’eccidio, ribattezzato degli affamati, a Gaza…
“Ti dico la verità, forse la gravità estrema di quello che è successo ieri (giovedì, ndr) ha smosso oltre ogni ipotesi che si poteva fare. Delle persone che vengono uccise mentre provano a recuperare cibo perché tutto è bloccato da tempo, hanno svegliato le coscienze. Non ho mai visto certe reazioni di politici italiani che per tanto tempo non hanno detto niente e hanno sostenuto in maniera acritica le posizioni di Israele. Ieri hanno detto ‘forse siamo a un livello impossibile’. Spero che ci si renda conto di qualcosa di cui bisognava accorgersi prima: bisogna arrivare a un cessate il fuoco perché la situazione è impossibile”.

Intanto l’Europa si prepara a un’economia di guerra e vota per una vittoria bellica del’Ucraina…
“Questa guerra viene utilizzata dalla retorica per aumentare la spesa militare. È inutile pensare che con le armi e gli eserciti si possa raggiungere la pace. È impossibile da pensare e da realizzare. Quello che sta succedendo in questi mesi è che la disgrazia che si è abbattuta sull’Ucraina è diventata giustificazione di affari sulla pelle della gente e non si capisce che è impossibile raggiungere la pace in questa maniera”.

È stupito che tra i partiti italiani solo il Movimento 5 Stelle abbia votato contro?
“No, perché purtroppo c’è un’assuefazione a queste posizioni. Non è facile perché la pressione fin dall’inizio è stata fortissima. Qui nessuno assolve Putin, sia chiaro. C’è veramente una forte pressione all’omologazione, quasi rendendo la guerra naturale. Altrimenti se ti opponi sei putiniano, non hai più visibilità, non vieni eletto. C’è una difficoltà estrema e quindi una politica che su questi temi non è preparata – quella italiana è molto italocentrica e riporta le questioni alle beghe di casa nostra – non riesce ad andare oltre. È faticoso. Queste pressioni destabilizzano chi non è attrezzato a subirle. Io spero che si faccia largo la consapevolezza che due anni di guerra senza altre strade non hanno portato a nulla. Serve trovarne altre che non portano subito a una pace vera fino in fondo, ovviamente. Ma bisogna andare a ragionare con Putin, la pace si costruisce a pezzi. Il primo passo è provarci. La pace giusta perfetta non esiste. Nessuno ammette che se vogliamo togliere Putin di mezzo bisogna distruggerlo ma così significa avere una guerra diretta e una possibile catastrofe nucleare. La politica non può diventare bianco e nero banalizzante. È la stessa cosa su Israele con Hamas che va eradicato: che fai? Esacerbi la situazione? Per eliminarlo devi fare un percorso. Una politica debole ha paura di schierarsi. Io vorrei vedere un percorso, una prospettiva”.

L’elezione di Trump potrebbe essere un ulteriore rischio?
“Sicuramente sì. C’è ovviamente differenza tra chi ha fomentato una rivoluzione, che è circondato da gente fuori di testa, rispetto a un Biden che ha altre provenienze. È vero che purtroppo sui temi specifici della guerra non c’è molta differenza tra le due posizioni. La posizione di Biden non è da pacifista. È ovvio che dall’altra parte però hai uno imprevedibile che non ha un criterio leggibile. Questo in una situazione di volatilità e di grossa incapacità di decisione inserisce un’imprevedibilità che non ci possiamo permettere. Sarebbe un’ulteriore fragilità pericolosa”.

Stupito dal silenzio su Assange?
“Questo silenzio è una cosa grave che serve a preparare quell’ambiente ostile bloccato con pressione estrema su coloro che non vogliono rassegnarsi a un sistema di guerra. Le spese militari sono raddoppiate in un mondo sempre in conflitto. Assange ha chiarito come questo sistema non funziona, non solo per la violazione dei diritti umani e per gli interessi sotterranei alle guerre. Ha mostrato che non funziona e che c’è gente che non ha rispettato democrazia e diritti per di più senza nessun risultato”.