De Luca contro il suo Ministero

di Clemente Pistilli

De Luca lo ha detto e ripetuto: “A Salerno mi votano anche le pietre”. E cosa non farebbe il sindaco viceministro per la sua città. L’esponente del Pd non si cura delle interrogazioni e del richiamo dell’Antitrust. Lui vuol continuare a sedere sulla poltrona di primo cittadino e pure su quella di viceministro delle infrastrutture e trasporti. Quando gli interessi della sua città si scontrano con il dicastero che dovrebbe guidare poi non ha problemi. De Luca fa ricorso. Contro chi? Contro lo stesso suo Ministero. L’ennesimo conflitto di interessi del sindaco più votato d’Italia, dell’uomo cresciuto a falce e martello e poi entrato a far parte dei rottamatori renziani, che di recente è stato querelato dallo stesso ministro Maurizio Lupi, è spuntato fuori al Tar. Il Ministero delle infrastrutture, quando durante il Governo Monti era retto dal ministro Corrado Passera, ha scelto 28 progetti su 475  per il Piano delle città, idee da finanziare per riqualificare le aree urbane. I lavori previsti sono per 4,4 miliardi e le somme che il dicastero ha deciso di destinare ai Comuni enormi. A Vincenzo De Luca non è proprio andato giù che non sia stato concesso neppure un centesimo alla sua Salerno. Il sindaco, senza starsi troppo a preoccupare che di quel Ministero ora lui è il vice, ha così bussato alla porta del Tar del Lazio, chiedendo di annullare il provvedimento per il Piano delle città e di essere risarcito. A peggiorare la situazione per De Luca è intervenuta però ora anche un’ordinanza emessa dal Tar del Lazio. L’uomo dalla doppia poltrona aveva fatto ricorso contro il suo dicastero e contro i Comuni di Napoli ed Eboli. Non basta. Se il ricorso verrà accolto verranno tolte risorse a qualche altro Comune e i giudici gli hanno ordinato così di estendere il ricorso a tutti gli enti che hanno ottenuto fondi, compresa la Firenze del suo alleato Matteo Renzi. Del resto la renziana Pina Picierno in Transatlantico è stata chiara con De Luca: “Ti devi dimettere”. E lui? “Parla a capocchia”. Forse non troppo. Le poltrone del sindaco viceministro tremano sempre di più.