De Magistris: “Silenziato il popolo della pace. Ma la marcia non si fermerà”

Parla l’ex pm e leader di Unione Popolare, Luigi de Magistris: "Il potere vuole che si parli soltanto di aiuti militari".

De Magistris: “Silenziato il popolo della pace. Ma la marcia non si fermerà”

Zelensky arriva a Roma per incontrare Meloni, Mattarella e il Papa. Luigi De Magistris, leader di Unione Popolare nonché tra gli animatori delle Marce per la Pace, cosa si aspetta da questa visita?
“Al di là di queste visite che rientrano nelle normali dinamiche delle relazioni internazionali, mi auguro che siano utili per arrivare a una soluzione del conflitto. Finora tutte le visite istituzionali fatte da Zelensky hanno portato, intendiamoci dal suo punto di vista legittima, a una richiesta di supporto militare. La speranza è che la musica stia cambiando anche perché le ultime decisioni internazionali lasciano davvero interdetti come nel caso del Parlamento Ue che ha votato per trasformare una parte del Pnrr, quella destinata alla transizione ecologica, per produrre munizioni per l’Ucraina. Mi auguro che almeno il Papa riesca a introdurre argomenti atti a promuovere una soluzione politica della guerra che sta causando massacri di civili, danni incalcolabili all’ambiente e un disastro economico. Il tutto senza parlare dei rischi di un’escalation che potrebbe culminare nell’utilizzo di armi nucleari”.

Da Kiev, però, affermano che nel colloquio col Papa non si parlerà di pace…
“Penso che il Papa sia libero di esprimere il proprio pensiero, magari indicando a Zelensky quale potrebbe essere la strada per una possibile mediazione. Che possa andare così me lo fa pensare il fatto che nei giorni scorsi dal Vaticano è trapelata l’intenzione del Papa di svolgere una mediazione tra Putin e Zelensky, anche se tutti si sono affrettati a smentire queste indiscrezioni. Un copione già visto anche con la Cina che ha provato a proporre un piano di pace ma è stata bloccata dagli Stati Uniti e questo la dice lunga su chi voglia andare avanti nel conflitto. Certo è che non sono riusciti a stoppare il Papa così duramente con una chiusura internazionale netta, come avvenuto con la Cina, ma è altrettanto vero che nessun governo sta incoraggiando i suoi sforzi. Anzi le faccio notare che quando Bergoglio condannava l’invasione russa, aggiungeva che Putin è stato provocato dalla Nato ‘che abbaia ai confini della Russia’. Parole che i guerrafondai hanno ricevuto con grande fastidio”.

Dopo quattordici mesi di guerra e davanti a uno stallo sul campo a chi giova questo conflitto?
“Putin, da quello che sappiamo, ha iniziato una guerra inaccettabile e che considero in violazione del diritto internazionale. Detto questo, per come si sono messe le cose, non mi sembra nelle condizioni di ritirarsi unilateralmente. Dal canto suo Zelensky, il quale non ha più l’autonomia decisionale perché dipende totalmente dagli Stati Uniti, con le sue politiche sta mettendo in conto la crescita del numero di morti tra soldati e civili oltre all’ulteriore distruzione delle infrastrutture. I suoi non sono atti di chi vuole far finire il conflitto ma quelli di chi vuole un consolidamento e un allargamento della guerra. La Nato, invece, lavora da tempo, a suon di provocazioni e azioni, per creare le condizioni che hanno portato alla guerra e al suo proseguimento a oltranza. Discorso analogo per gli Stati Uniti che sono i principali beneficiari di quanto sta accadendo perché così riescono a indebolire sia la Russia che l’Unione europea. Proprio l’Europra che in questo scacchiere era l’unica forza che doveva e poteva svolgere un ruolo di mediazione, ci è cascata in pieno e dopo essersi fatta trascinare nel conflitto, ora è la più bellicista di tutti tanto che Borrell recentemente ha detto che ‘non è il tempo della pace, ma quello delle munizioni’. Mi sembra una situazione folle”.

Alla Casa Bianca si parla di una possibile telefonata tra Biden e Xi Jinping. Voci che arrivano in concomitanza con la decisione di Pechino di mandare un inviato speciale a Kiev e dopo a Mosca per parlare di pace. A Washington si smuove qualcosa oppure è tutta scena?
“La Cina è l’unico Paese che ha provato a fare qualcosa per far cessare le ostilità. Secondo me è stata molto abile perché quando ha ribadito di non voler abbandonare la Russia, ha anche condannato chiunque attenti alla sovranità di uno Stato, quindi anche Putin per la sua invasione dell’Ucraina. Una mossa che ha costretto gli Stati Uniti a gettare la maschera, infatti quest’ultimi hanno risposto con numerose provocazioni a Taiwan. Ma la Cina non si è fatta intimidire e ha lanciato una nuova iniziativa diplomatica, forte, che spero Biden non ostacolerà”.

Sui media è stato dato poco spazio alla staffetta per l’umanità mentre la maggioranza l’ha completamente ignorata. Non trova che si stia snobbando il volere degli italiani?
“Dall’inzio della guerra, nonostante un orientamento dei poteri politici e mediatici schierati per la guerra, la maggioranza degli italiani non è soltanto contro il conflitto ma pure contro la fornitura di armi. Per questo i media italiani hanno silenziato la catena umana che, ci tengo a precisarlo, è il primo evento di questo tipo realizzato in Italia grazie al lavoro di Santoro e di tanti altri, me compreso. Un evento che dalla Val d’Aosta alla Sicilia, malgrado tutte le difficoltà organizzative, è stato un successo perché ha unito tutta l’Italia. Questo è ciò che spaventa i media i quali sanno che dandone notizia metterebbero in crisi le decisioni di un governo che a parole si definisce patriottico ma che a conti fatti è succube degli Stati Uniti. Me lo lasci dire: è stata una censura intenzionale perché ora la pace è sgradita al potere”.

Davanti alla sordità del governo Meloni, il popolo della pace si arrenderà oppure andrete avanti con le manifestazioni e sul referendum per chiedere la fine della guerra in Ucraina?
“Per noi la resa non esiste. Dobbiamo continuare a manifestare il nostro pensiero e stia sicuro che porteremo avanti altre iniziative perché l’unica variabile capace di far cambiare idea ai governi occidentali sono i loro popoli. Certo è che al momento la mobilitazione non ha ancora raggiunto i livelli già visti in altre occasioni, come durante la guerra in Iraq, ma sono convinto che le cose cambieranno presto e mi auguro che si arriverà a una grande manifestazione europea. Sarà una sfida difficile ma se non agiamo noi europei, non lo farà nessuno”.