Decreti flop e alleati indecenti, Meloni sugli sbarchi non ha alibi

La politica estera di Meloni sui migranti è fallimentare: sponde sovraniste e guerra a Berlino presentano il conto.

Decreti flop e alleati indecenti, Meloni sugli sbarchi non ha alibi

Promettevano di fermare gli sbarchi e invece sono raddoppiati rispetto a un anno fa, hanno dichiarato guerra alle ong innescando un feroce scontro con l’Ue e, per non farsi mancare nulla, hanno varato due decreti sui migranti che sono stati già bollati come clamorosi flop. In un anno di governo e specialmente negli ultimi due mesi, il governo di Giorgia Meloni sta collezionando una sterminata serie di fallimenti proprio sulla materia che ne ha decretato il successo alle ultime elezioni.

Migranti, in Ue sempre più soli

Se la promessa del “blocco navale” gridata a squarciagola dalla premier in campagna elettorale era apparsa come una boutade – tanto che perfino il ministro della Giustizia Carlo Nordio l’aveva bollata come giuridicamente inattuabile -, gli altri passi del governo non sono rimasti lettera morta ma si sono tradotti in dichiarazioni surreali e in norme discutibili.

Una serie di passi falsi che negli ultimi due mesi si è intensificata a suon di scontri continui, prima con la Francia di Emmanuel Macron e dopo con la Germania di Olaf Scholz, che di fatto hanno reso l’Italia sempre più sola nel fronteggiare il fenomeno migratorio, con buona pace di quanto sosteneva lunedì scorso la Meloni affermando che con il suo governo ora “l’Italia è più credibile e ascoltata”.

Una favoletta andata in frantumi giovedì davanti alle bordate della ministra degli Esteri tedesca Annalena Baerbock, nel corso di una conferenza stampa congiunta con l’omologo italiano Antonio Tajani, che ha demolito le recenti decisioni del governo italiano spiegando che “ogni vita va salvata” e che il presunto pull factor delle ong è una clamorosa fake news visto che “quasi il 95 per cento” dei profughi arrivano sulla terraferma grazie alle imbarcazioni gestite direttamente dalle autorità italiane.

E la stessa ministra ha poi confermato che Berlino continuerà a finanziare le ong malgrado il governo di Roma aveva fatto trapelare tutto il proprio disappunto. Quanto dichiarato dalla Baerbock è sicuramente una risposta alla lettera indignata che la Meloni ha scritto al cancelliere Scholz ma soprattutto è un attacco al cuore delle più recenti mosse del governo italiano.

Appare chiaro che difendendo le ong, la ministra tedesca sta picconando nelle sue fondamenta il decreto Cutro di Matteo Piantedosi che da un lato dava il via a una crociata mondiale contro gli scafisti, ovviamente senza grandi risultati visto che il numero di arresti di quest’ultimi appare in linea con quanto avveniva prima dell’approvazione, mentre dall’altro imponeva una serie di limitazioni all’attività dei volontari, spesso costretti a lunghe traversate per raggiungere il porto designato dal governo e rendendo loro difficile l’intervento in mare, che ha fatto brindare l’esecutivo italiano.

Una stretta sui volontari che il governo motivava sulla base della presunta teoria del “pull factor” – ossia la dinamica in base alla quale la presenza delle ong spingerebbe i disperati a partire – che viene ribadita spesso e volentieri dal ministro Piantedosi e dalla Meloni, ma che non trova alcuna conferma sul piano scientifico.

I passi falsi del governo Meloni

Tensioni sui migranti che non hanno riguardato soltanto la Germania. Anche la Francia per mesi ha avuto molto da ridire sul comportamento italiano al punto che sul tema sono stati frequenti gli scontri tra il ministro dell’Interno francese, Gerald Darmanin, con Piantedosi. Un braccio di ferro che a dispetto di quanto si creda, non si è mai concluso.

Certo a inizio settembre Macron ha fatto registrare una timida apertura per gestire a livello comunitario i flussi di migranti, tanto che in Italia sono stati versati fiumi di inchiostro per elogiare Meloni & Co dipingendo queste dichiarazioni come una vittoria delle destre, ma soltanto pochi giorni dopo, per la precisione il 17 settembre, proprio Darmanin ha fatto capire in modo chiaro che si trattava di mere frasi di circostanza dichiarando: “La Francia aiuterà l’Italia a tenere la sua frontiera per impedire alla gente di arrivare” ma “per quelli che sono già arrivati in Italia dobbiamo applicare le regole europee che abbiamo adottato qualche mese fa, che consistono nel fare le richieste d’asilo alla frontiera” e solo dopo che queste sono concluse ci si potrà affidare ai meccanismi di accoglienza volontaria da cui, evidentemente, la Francia sembra orientata a sfilarsi.

Del resto sono mesi che Parigi e Berlino hanno di fatto bloccato le redistribuzioni, accusando Roma di violare continuamente il patto di Dublino. Guarda caso proprio su quest’ultimo si è consumato un altro gigantesco flop italiano visto che Meloni & Co ne chiedono la revisione da tempo ma quando si è intavolato il discorso, a Bruxelles la discussione è sempre entrata in stallo.

Anzi nell’ultima occasione, ossia l’incontro tra i ministri dell’Interno europei, si è capito che a mancare è la volontà di mettere mano al patto visto che la proposta finita sul tavolo non prevede alcuna revisione e nemmeno l’introduzione di un meccanismo di redistribuzione automatico, in sostituzione di quello volontario che ha dimostrato tutti i suoi limiti.

La cosa divertente è che in Europa è vero che l’Italia non è completamente sola, com’è altrettanto vera che sembra essersi scelta gli alleati sbagliati ossia l’Ungheria di Viktor Orbàn e la Polonia di Mateusz Morawiecki. Si tratta dei due storici amici della Meloni, entrambi rappresentanti del Patto sovranista di Visegràd, che nel momento del bisogno non sono mai intervenuti in favore dell’Italia.

Anzi spesso e volentieri, soprattutto sui migranti, si sono trasformati in uno dei maggiori problemi per le destre italiane visto che se l’Ue non ha ancora approvato un meccanismo automatico di redistribuzione dei migranti è anche – e soprattutto – per l’opposizione di Orbàn e Morawiecki. Ma i fallimenti di questa maggioranza in materia di gestione dei flussi di clandestini non finiscono qui.

Probabilmente il più clamoroso di tutti è quello legato all’accordo con la Tunisia di Kais Saied che per Meloni avrebbe sensibilmente migliorato la situazione e che sarebbe dovuto diventare un modello da esportare anche in altri Paesi africani. Peccato che le cose non siano andate come sperato, anzi gli sbarchi dal paese nordafricano sono addirittura aumentati, e che la stessa Ue che aveva firmato un memorandum con la Tunisia, vista la mancanza di progressi, la chiusura di Tunisi alle delegazioni europee per vigilare sull’accordo e le violazioni dei diritti umani segnalate dalle ong, alla fine sta valutando di cancellarlo definitivamente.